Diciassette gli arrestati dai 300 carabinieri del comando provinciale di Catania all’alba nell’operazione chiamata Athena. I militari dell’Arma hanno eseguito nelle provincie di Catania, Siracusa e Teramo, un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali, emessa dal Gip. del Tribunale di Catania.

Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, spaccio di sostanze stupefacenti, turbata libertà degli incanti con l’aggravante del metodo mafioso e corruzione.

Delle 17 persone interessate dalle accuse, 15 sono state sottoposte a custodia cautelare in carcere, una agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, un altro con divieto temporaneo – per la durata di un anno – di esercitare la professione di avvocato, limitatamente all’esercizio delle funzioni di delegato alle vendite.

L’attività del Gruppo Morabito-Rapisarda

L’inchiesta ha consentito di accertare, sul territorio di Paternò, l’operatività del gruppo “Morabito-Rapisarda”, riconducibile al clan catanese “Laudani” intesi “Mussi ‘i ficurinia”, individuandone il vertice ed i suoi rapporti con il clan storicamente contrapposto degli “Assinnata”, articolazione territoriale della famiglia di cosa nostra catanese “Santapaola-Ercolano”.

Le successive indagini hanno consentito, in particolar modo, di evidenziare proprio gli interessi dell’organizzazione mafiosa nel controllo sistematico e capillare dell’aggiudicazione delle aste giudiziarie di immobili siti nelle province di Catania, prevalentemente nel territorio paternese e, in un’occasione, nella provincia di Siracusa.

Le aste pilotate

Il modus operandi degli appartenenti all’organizzazione mafiosa sarebbe consistito nella turbativa del regolare svolgimento delle procedure di vendita immobiliare al fine di favorire determinati acquirenti che, dietro pagamento di una ricompensa per l’attività illecita, si rivolgevano al clan al fine acquistare o rientrare in possesso del bene per conto dei debitori esecutati precedenti proprietari. Il versamento della somma di denaro a titolo di compenso a favore del clan, che agiva mediante condotte che sostanzialmente determinavano l’allontanamento, anche con modalità violente e intimidatorie, degli offerenti o degli eventuali interessati (“lo stiamo ricomprando noi”), in modo da garantire al “cliente” l’aggiudicazione dell’immobile.

Ci sarebbe la complicità di un avvocato

In tale ambito, il sodalizio criminale poteva contare sull’esistenza di rapporti di conoscenza con alcuni delegati alla vendita e, infatti, in un caso è stato ritenuto sussistente il supporto di un avvocato siracusano – e nei cui confronti è stata emessa la misura cautelare personale del divieto di esercizio delle funzioni di delegato alle vendite, nel corso di una procedura esecutiva in quanto, dietro la promessa di un compenso in denaro, si sarebbe prestato a favorire l’aggiudicazione dell’immobile all’asta in favore del figlio della persona che si era rivolta all’associazione mafiosa.

Il giro di affari

Il giro di affari, che coinvolgeva anche altre tipologie di operazioni immobiliari, avrebbe garantito consistenti guadagni, con compensi commisurati al valore del bene sul mercato immobiliare, che, di frequente, sarebbero stati condivisi, a riscontro dell’esistenza di un patto di “coabitazione”, con il clan “Assinata”, articolazione territoriale della famiglia di cosa nostra catanese “Santapaola-Ercolano”.

I rapporti tra i due clan, peraltro in ordine ad affari di interesse comune, sarebbero stati agevolati da due delle persone indagate nei confronti delle quali il Gip ha accolto la richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere in relazione al delitto di concorso esterno in associazione mafiosa.

Tra gli indagati anche un ex assessore al Comune di Paternò

Uno dei due, ex assessore del Comune di Paternò e imprenditore nel settore agrumicolo, oltre ad avere stabili rapporti di affari con esponenti apicali del clan mafioso, avrebbe messo a disposizione dell’associazione il proprio bagaglio di conoscenze e le proprie entrature nella politica locale; l’altro indagato, a sua volta imprenditore agricolo, tra l’altro avrebbe messo a disposizione il magazzino di cui è titolare per consentire incontri tra i rappresentanti delle due diverse famiglie mafiose paternesi.

Traffico di stupefacenti, sequestrati 71 chili di droga

Il sodalizio criminale “Morabito-Rapisarda” sarebbe anche dedito al traffico di sostanze stupefacenti, soprattutto marijuana, con una struttura ben organizzata e delineata nella ripartizione dei singoli ruoli. Il clan aveva un’articolata rete di rapporti criminali sul territorio catanese che gli garantiva dei canali di approvvigionamento dello stupefacente, proveniente da consorterie operanti in Catania e in Adrano. Il gruppo, inoltre, poteva disporre di basi logistiche per la custodia e per il confezionamento dello stupefacente, nonché di un immobile sito nel centro cittadino di Paternò dove veniva dato appuntamento agli acquirenti. Anche il settore degli stupefacenti, utilizzato come fonte di “entrate” per la “cassa comune”, era gestito con l’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso. Al vertice del gruppo vi sarebbe stato proprio uno degli esponenti del clan “Morabito-Rapisarda”.

Nel corso delle investigazioni, a riscontro di quanto emergeva dalle intercettazioni, sono stati sequestrati complessivamente circa 71 kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana e cocaina, e arrestate 8 persone in flagranza di reato.

Gli indagati

I destinatari della misura cautelare in carcere: Adriano Apolito, Natale Benvenga, Pietro Cirino, Filippo Cunsuolo, Vincenzo Cunsuolo, Francesco Di Perna, Carmelo Oliveri, Emanuele Salvatore Pennisi, Pietro Puglisi, Andrea Rapisarda, Antonino Rapisarda, Andrea Sinatra, Angelo Spatola, Carmelo Verzì.

Ai domiciliari con braccialetto elettronico: Vincenzo Morabito. Divieto temporaneo di esercitare la professione: Gianfranco Vojvodic.