Sgominata dai carabinieri nella provincia Catanese una vera e propria organizzazione criminale dedita ai furti di auto. Ad essere stata messa in piedi un’attività ben rodata che dal furto arrivava anche alla prodotto finale con la commercializzazione nel mercato nero.

Blitz all’alba

Il blitz all’alba di oggi dei militari della compagnia di Caltagirone, supportati da personale dello squadrone eliportato cacciatori “Sicilia”. E’ stata data esecuzione ad un provvedimento emesso dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Caltagirone nei confronti di 6 persone. Sono sospettate, a vario titolo, dei reati di furto di autovetture, ricettazione e per 3 di loro anche di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio. Le indagini, coordinate dalla Procura di Caltagirone e condotte dalla stazione di Caltagirone nell’estate del 2020, hanno consentito di accertare, in un lasso di tempo di circa 40 giorni, la commissione di 18 furti di autovetture e 4 tentativi di furto, nei comuni di Caltagirone, Grammichele, Misterbianco e Catania, nonché la ricettazione di un veicolo con la complicità di un palagonese e di un altro catanese.

Primi furti e due indagati

Gli obiettivi erano veicoli del gruppo automobilistico della Fca, specificatamente Fiat 500, Fiat Panda e Punto, Lancia Y, Alfa Romeo Giulietta e Jeep Renegade. L’attività ha avuto inizio dopo due furti di autovetture avvenuti nel maggio 2020 nei comuni di Caltagirone e Grammichele, le cui denunce hanno permesso ai carabinieri di visionare le immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti in quelle zone. Da qui si individuarono i primi due componenti dell’organizzazione ripresi nel momento in cui commettevano il furto. Le indagini svolte dai carabinieri, attraverso pedinamenti e servizi di osservazione, nonché con l’ausilio di intercettazioni telefoniche, ambientali e gps, hanno consentito di acquisire importanti elementi indiziari a carico del gruppo criminale. Gli inquirenti li definiscono “scaltri e professionali” per via del loro modus operandi ben rodato e dettagliato in ogni aspetto.

Il modus operandi

I sodali del gruppo ricevevano commesse sulle tipologie di vetture da rubare. Quindi individuavano il luogo dove nascondere i veicoli in attesa di cederli ai ricettatori. Si avvalevano, per la commissione dei furti, di automobili a noleggio in modo da eludere i controlli delle forze dell’ordine nel caso venissero avvistati nella flagranza di un furto. Inoltre erano dotati di sofisticati strumenti per lo scasso e l’accensione delle autovetture, come grimaldelli, spadini, centraline, ed altro ancora, discutendo tra di loro sul dove reperire tali materiali nonché sulle metodologie di scassinamento dei veicoli. Uno degli indagati, invece, è risultato essere un sicuro referente per la “cannibalizzazione” dei veicoli rubati, all’interno di un’artigianale “officina” dallo stesso realizzata all’interno della propria casa, smontando pezzi delle auto per poi commercializzarli.

La consegna delle auto rubate

Anche la modalità con cui consegnare le vetture rubate era ben studiata, ed avveniva con il metodo della “staffetta”. Nel tratto di strada che conduce a Palagonia, due individui precedevano l’auto rubata a bordo di un altro veicolo, in modo da eventualmente avvistare la presenza di posti di controllo delle forze armate. Nel frattempo l’auto rubata veniva guidata da un altro soggetto, dietro corrispettivo in denaro. In un’occasione, gli indagati, sottoposti ad intercettazione, commentavano il corrispettivo troppo basso, ammontante a 50 euro, per trasportare l’auto rubata, a fronte del rischio di essere fermati ed arrestati. Le intercettazioni hanno permesso di comprendere la stabilità e la forza di questa organizzazione, nonché il ruolo di primo piano che ha assunto nel “mercato” catanese dei furti d’auto. Alla luce della fiorente e redditizia attività illecita, dagli stessi membri del sodalizio definita come “lavoro”, spesso discutevano dei proventi, mostrando pervicacia nel loro operare e, prima di uscire per compiere furti, si prefiggevano il numero di autovetture da rubare.

Il “cavallo di ritorno”

Inoltre, grazie alle intercettazioni si è evinto che le conversazioni tenute dal gruppo criminale vertessero unicamente su attività illecite, sia messe in atto che da progettare. È il caso del cosiddetto “cavallo di ritorno”, in quanto gli indagati più volte hanno discusso della possibilità di compiere estorsioni in danno alle vittime. Dietro corrispettivi di denaro, avrebbero potuto riottenere le auto rubate. Dei sei destinatari della misura cautelare, come disposto dall’autorità giudiziaria, quattro sono stati rinchiusi negli istituti penitenziari della provincia etnea, mentre due sono stati sottoposti all’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria. È stato anche riscontrato che tre degli indagati, nell’ambito dei rispettivi nuclei familiari, sono percettori del sostegno economico del reddito di cittadinanza. Il procuratore della Repubblica di Caltagirone, Giuseppe Verzera, segnala l’importanza dell’operazione anche in considerazione del forte incremento di furti d’auto che si erano registrati nel circondario nell’ultimo periodo.

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