I carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Gravina di Catania, in esecuzione di un’ordinanza della V sezione penale del tribunale di Catania, hanno arrestato la 60enne Lucia Pulvirenti e la 36enne Ornella Micci, entrambe accusate di associazione per delinquere di tipo mafioso e, soltanto quest’ultima, anche del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso. La Pulvirenti è molto conosciuta per essere la figlia del “Malpassotu” Giuseppe, ex uomo di fiducia di Benedetto Santapaola divenuto collaboratore di giustizia diversi anni fa e morto in un incidente stradale nel 2009.

Ornella Micci

I primi passi dell’attività investigativa

L’attività investigativa, che era stata svolta nell’ambito dell’operazione “Malupassu” dai militari di Gravina di Catania coordinati dalla Dda etnea, aveva portato il 3 giugno dello scorso anno all’esecuzione di 20 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di appartenenti al gruppo di Mascalucia della famiglia mafiosa “Santapaola-Ercolano”. Le indagini avevano fatto luce su una serie di attività estorsive poste in essere dal gruppo mafioso, acuitesi per numero ed incisività criminale a seguito della scarcerazione del 63enne boss responsabile Pietro Puglisi, avvenuta nel febbraio del 2017.

Il ruolo centrale di Lucia Pulvirenti

Importante il ruolo svolto dalle due donne in seno all’organizzazione mafiosa ed in particolare della moglie di Pietro Puglisi, Lucia Pulvirenti, la quale, oltre a riscuotere le quote di denaro di natura estorsiva, si occupava di fungere da elemento di collegamento tra il marito detenuto ed i figli Salvatore e Giuseppe ai quali riferiva le disposizioni che venivano impartite dal coniuge. Soltanto Ornella Micci, invece, moglie di Salvatore Puglisi, si era resa responsabile insieme al marito di un’estorsione di oltre 10 mila euro ai danni della proprietaria dell’appartamento nel quale lei stessa abitava.

Lucia Pulvirenti

Il provvedimento cautelare

La misura cautelare nei confronti delle due donne è frutto del ricorso, promosso dalla Procura distrettuale della Repubblica di Catania, contro l’originario rigetto da parte del Gip dell’adozione della misura cautelare in carcere nei loro confronti, poi accolto dal tribunale etneo e dalla corte di cassazione. Le due donne sono state rinchiuse nel carcere di Messina Gazzi.

 

Articoli correlati