E’ Nino D’Asero, 70 anni, l’ex deputato regionale coinvolto nell’inchiesta di oggi sullo scandalo della società interporti di Catania. Lui figura tra i quattro finiti agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta portata avanti da carabinieri e Procura. Ai domiciliari con lui Salvatore Luigi Cozza, 69 anni, Cristina Debora Sangiorgi, 51 anni, Rosario Torrisi Rigano di 68 anni. Le accuse a vario titolo sono di induzione indebita a dare o promettere utilità, peculato, corruzione per un atto contrario ai propri doveri d’ufficio e contraffazione e uso di pubblici sigilli. Gli arresti sono arrivati all’alba di oggi su input della Procura ed eseguiti dai carabinieri del comando provinciale di Catania. A spuntare anche altri nomi eccellenti della politica regionale, quelli dell’attuale assessore Marco Falcone dell’ex vicepresidente della Regione Gaetano Armao.
Due anni di indagini
L’inchiesta condotta dagli inquirenti era partita nel settembre 2019 e si è protratta sino al marzo 2021. Sviluppate attraverso attività tecniche, ulteriormente riscontrate da testimoni ed acquisizioni documentali. Tutto è partito da un esposto di diversi dipendenti con funzioni apicali dell’azienda a totale partecipazione pubblica “Società degli Interporti Siciliani S.p.a”. Denunciate false attestazioni e dichiarazioni prodotte da una dipendente, Cristina Sangiorgi, in merito al possesso di un titolo di laurea. Le attività investigative hanno inoltre disvelato le presunte interferenze illecite che avrebbe esercitato D’Asero su Rosario Torrisi Rigano, amministratore unico della Sis.
Il tramite di D’Asero
Secondo gli inquirenti il parlamentare si sarebbero servito del tramite di alcuni politici regionali. L’obiettivo era quello di revocare il licenziamento per giusta causa della Sangiorgi e poi per garantirle una posizione lavorativa gradita alla stessa dipendente nell’ambito dell’azienda. Inoltre queste stesse pressioni sarebbero servite ad omettere l’avvio di doverose procedure disciplinari e delle relative eventuali sanzioni sempre nei confronti della donna. La Sangiorgi si sarebbe infatti rifiutata di svolgere gli incarichi che le furono affidati e di lavorare in smart working durante la prima fase della pandemia.
I nomi eccellenti
Secondo quanto evidenzia la Procura D’Asero avrebbe chiesto di intercedere a Marco Falcone, attuale assessore regionale all’Economia e all’epoca dei fatti assessore regionale delle infrastrutture e della mobilità. E allo stesso modo avrebbe chiesto “sponda” a Gaetano Armao, ex assessore regionale all’Economia e vicepresidente della Regione Siciliana. A loro si aggiunge poi Giuseppe Li Volti, ex assistente parlamentare e coordinatore della segreteria particolare dell’assessore Falcone. “Avrebbero esercitato pressioni – scrive testualmente la Procura – sull’amministratore unico della Sis al fine di far revocare il licenziamento della dipendente”.
Falcone “Totalmente estraneo alla vicenda”
“Voglio sottolineare la mia totale estraneità a ogni tipo di contestazione” dice l’assessore Marco Falcone. “Nella mia precedente veste di assessore alle Infrastrutture, infatti, non sono mai entrato nelle dinamiche interne della Società Interporti, se non per accelerare e sbloccare procedure amministrative volte a rilanciare ed efficientare la società partecipata della Regione. Non mi sono mai permesso di effettuare sollecitazioni né, peggio ancora, pressioni indebite. È comunque giusto, anzi addirittura necessario, che la magistratura lavori per accertare la verità dei fatti. Siamo pronti a dare prova della linearità del nostro comportamento e lo dimostreremo nelle sedi opportune”.
“Sono certo – commenta il deputato regionale Stefano Pellegrino – che l’assessore Marco Falcone potrà chiarire nelle sedi opportune la correttezza del proprio operato. Non posso che esortarlo a proseguire con la solita passione e competenza il prezioso lavoro che da assessore all’Economia sta svolgendo in questi mesi al fianco del presidente Schifani, per dare risposte alle emergenze e alle necessità della nostra Regione”.
Il patto “corruttivo”
L’attività investigativa ha inoltre fatto emergere un accordo corruttivo che sarebbe intercorso tra l’amministratore unico della Sis e Luigi Cossa, titolare della “Lct spa”. Quest’ultima è una società operante nel settore dei trasporti, titolare dell’affidamento in concessione della gestione funzionale, operativa ed economica oltreché della manutenzione ordinaria per nove anni del polo Logistico dell’Interporto di Catania. In particolare, Torrisi Rigano avrebbe concesso l’area alla Lct in uso gratuito per svariati mesi prima che venisse formalizzato il contratto. Avvisò Cozza e altri manger e dipendenti della società dei controlli che avrebbe potuto subire da parte dell’ispettorato del lavoro e dei vigili del fuoco. In pratica faceva presente la necessità di ottenere le varie certificazioni essenziali per poter occupare gli spazi e i locali del polo logistico e stipulare il contratto di concessione.
Le diffide ritardate e l’assunzione della nuora
Torrisi Rigano, inoltre, avrebbe omesso o comunque ritardato l’invio di diffide ufficiali alla Lct concernenti la liberazione e sgombero o la regolarizzazione della documentazione prima della stipula del contratto di concessione. Secondo l’accusa avrebbe consentito alla società di concludere un contratto con una terza società in violazione della concessione stessa. In cambio l’amministratore Unico della Sis avrebbe ottenuto da Cozza l’assunzione della propria nuora all’interno della Lct. Inoltre avrebbe ancora promesso ulteriori vantaggi per l’azienda e mantenere la carica di amministratore unico. Al centro dell’indagine alcuni bonifici effettuati dal conto intestato alla Società degli Interporti a quello di Torrisi Rigano. “Si sarebbe appropriato – sostiene la Procura – di 2.850 euro di proprietà della società e di cui l’amministratore unico aveva la disponibilità in ragione del suo pubblico servizio”.
Filt Cgil: “Inchiesta partita dopo nostre denunce”
“Gli arresti nell’ambito dell’inchiesta sulla Società degli interporti siciliani Spa sono il segnale importante di una macchina che si è messa in moto per fare chiarezza e affermare la legalità nel settore merci e logistica – commenta il segretario della Filt Cgil Sicilia, Alessandro Grasso -. Auspichiamo che la giustizia su un caso che siamo stati noi a sollevare abbia un corso veloce e che i riflettori sul settore non si spengano”.
“Sono state la Filt Cgil Sicilia e di Catania – prosegue la nota del sindacato – con l’allora segretario regionale Franco Spanò e con Grasso nelle vesti di segretario provinciale a denunciare alla Procura di Catania, attraverso il legale Giovanni Inzolia, il fatto da cui è partita l’indagine”. “Una dipendente che è oggi tra gli arrestati – ricorda Grasso – era stata licenziata dall’azienda per avere attestato il falso sul proprio titolo di studio. Ma venne riassunta su pressioni della politica dopo pochi giorni. Noi riteniamo che la politica debba occuparsi dei problemi dei siciliani invece di fare clientelismo becero. E che la legalità vada affermata in ogni ambito e a ogni livello”.
La Filt Cgil “ha pubblicamente più volte denunciato le illegalità nel settore logistica e merci e il rischio di infiltrazioni criminali” e “per questo chiede di non abbassare la guardia e di scandagliare quanto di scorretto e illegale si muove nel settore”.
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