Il prefetto di Catania, Claudio Sammartino, ha disposto la sospensione di diritto dalla carica per diciotto mesi del sindaco del capoluogo etneo, Salvo Pogliese, in applicazione della legge Severino.

Il primo cittadino è stato condannato ieri dal Tribunale di Palermo per peculato a quattro anni e tre mesi di reclusione nell’ambito del processo per le ‘spese pazze’ all’Ars, su rimborsi all’Assemblea regionale Siciliana come vice presidente del gruppo del Pdl.

Molti gli esponenti politici che oggi, attraverso, varie note hanno manifestato la propria solidarietà a Pogliese, e non è mancato chi, come Matilde Siracusano, deputata siciliana di Forza Italia e membro della Commissione Giustizia di Montecitorio, ha parlato di incostituzionalità della legge Severino.

A distanza di poche ora dalla condanna, lo stesso Pogliese, era intervenuto ieri sera con una lunga nota su quanto accaduto.

“Non posso nascondere – aveva detto – enorme amarezza e grande delusione per una sentenza che trovo assolutamente ingiusta. Ma da uomo delle istituzioni la devo accettare e rispettare. Nella mia vita mi sono sempre comportato da persona perbene e onesta interpretando i ruoli, che i catanesi e i siciliani mi hanno affidato, con grande generosità, passione e infinito amore per la mia terra e per la mia Catania a cui sono visceralmente legato. Lo stesso amore che due anni fa’ mi ha portato a lasciare un prestigioso ruolo al parlamento europeo per servire la mia città (in dissesto e con 1.580.000 di euro di debiti ereditati ), con una contestuale decurtazione della mia indennità dell’80% e rinunziando alle tutele giuridiche che quel ruolo mi avrebbe garantito”.

“L’ho fatto perché sono assolutamente certo della mia correttezza etica e morale – aveva continuato Pogliese -. Ho affrontato il processo con grande dignità, con documenti alla mano, e con decine di testimoni che hanno puntualmente confermato la correttezza del mio operato e l’assoluta “unicità” di chi ha anticipato ingenti risorse personali per pagare gli stipendi e il tfr dei dipendenti del proprio gruppo parlamentare e le spese di funzionamento, cosa mai accaduta all’Ars e in qualsiasi altro parlamento”.

Il primo problema, adesso, sarà quello dei tempi per l’appello. “Prendo atto – aveva concluso Pogliese – con grande delusione che ciò non è bastato a convincere chi doveva giudicarmi. Auspico che l’appello a questa ingiusta sentenza sia quanto prima, affinché possa finalmente trionfare la giustizia e si possa dare la giusta rivincita a chi da oltre trent’anni, insieme a tanti amici e simpatizzanti, è stato sempre in prima linea per i valori dell’etica e della morale pubblica”.

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