Diciotto pesanti condanne ieri in tarda sera in primo grado, per un totale di 143 anni di reclusione, nel processo nato dall’operazione ‘Fiori di pesco’, nei confronti degli uomini del clan Brunetto che operavano nella valle dell’Alcantara ed erano accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, danneggiamento seguito da incendio, traffico di sostanze stupefacenti, furti. A scriverlo oggi nelle pagine di cronaca la Gazzetta del Sud.

Il tribunale di Messina ha condannato Vincenzo Antonino Pino a 12 anni, Carmelo Caminiti a
12 anni e 6 mesi, Antonio Monforte a 11 anni e 7 mesi, Angelo Salmeri a complessivi 20 anni e 10 mesi. Condannati inoltre Daniele Nicolosi e Vincenzo Lomonaco a 11 anni, Filippo Scuderi a complessivi 10 anni e 9 mesi, Salvatore Scuderi 11 anni, Pietro Carmelo Olivieri 10 anni, Salvatore Coco 10 anni e 6 mesi, 6 anni per Alfio Di Bella, 4 anni per Antonino Salanitri e Antonino Mollica, 3 anni a Carmelo Crisafulli, 1 anno e mezzo per Giuseppe Minissale e Mariella Cannavó, 1 anno e 2 mesi a Salvatore Minissale e Carmelo Rolando Patti.

Assolto soltanto Giuseppe Lombardo Pontillo.
L’operazione ‘Fiori di pesco’, condotta dai carabinieri della Compagnia di Taormina, coordinati dalla Dda di Messina, risale al 2017 quando scattarono 12 arresti per a vario titolo, Secondo l’accusa il gruppo oltre ad imporre il pizzo agli imprenditori agricoli in occasione delle festività di agosto,
Natale e Pasqua agiva con un metodo ormai consolidato, prima rubava i mezzi agricoli e poi richiedeva un riscatto in denaro per restituirli.

L’operazione che ha portato agli arresti fu condotta a conclusione, nel novembre del 2017 ma era stata preceduta da altri blitz. Il clan Brunetto viene indicato, generalmente, come filiazione dei Santapaola Ercolano catanese nell’area messinese nella valle dell’Alcantara dove avrebbero gestito estorsioni e attività tipiche dell’organizzazione mafiosa nel controllo del territorio ben oltre i confini di Catania e Messina

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