La sindaca di Torino, Chiara Appendino, sta affrontando l’emergenza coronavirus al pari di tanti colleghi amministratori. La sua città conta, secondo le stime della Protezione civile aggiornati al solito bollettino delle 18, quello di ieri, 1680 contagiati dal coronavirus. Non è chiaro il numero dei decessi nella città della Mole ma 1680 contagiati in una regione, il Piemonte, che ne registra 3752 in totale, non deve essere una passeggiata (pardon) di salute. In più, volendo inquadrare nella fredda statistica dei numeri, il conto dei decessi blocca l’asticella al numero di 238 morti in tutto il Piemonte (perché gli stessi dati non offrono lo scorporo per città).

In questo clima, la Appendino, qualche giorno fa ha offerto la sua interpretazione dello stato di disagio e di preoccupazione che vivono i cittadini e che in questi giorni rischia di trasformarsi in una vera e propria caccia alle streghe. Contro i runner testardi (e vabbé questo si può capire ma senza degenerare nella delazione), contro le persone che si vedono in strada e contro le quali, senza sapere nemmeno perché lo siano, cominciano delle vere e proprie gare di insulti colpevolizzandoli per essere fuori chissà a comprar da mangiare? Ad acquistare farmaci? A recarsi al lavoro?

Ebbene, la sindaca ha richiamato alla calma i suoi torinesi con parole di moderato buonsenso. Sulla sua pagina Facebook ha scritto: “Mi sono giunte diverse segnalazioni di persone che mentre transitano per strada vengono invitate a tornare a casa con tono aggressivo o, peggio, insultate, da persone affacciate al balcone. In un caso è stato segnalato il lancio di gavettoni. Le segnalazioni, peraltro, sono giunte da persone che si stavano recando a lavoro a piedi, in un caso, poi, da un’impiegata di un supermercato. Inoltre i commenti in rete sono letteralmente invasi di persone che hanno messo in piedi una vera e propria caccia a presunti untori. Vi renderete conto da soli che si tratta di comportamenti irresponsabili, del tutto inaccettabili. Non può e non deve partire per alcun motivo una assurda caccia all’untore. (…) Mi chiedo, è davvero di questo che abbiamo bisogno in questo momento?”. In sintesi la prima cittadina di Torino invita i suoi concittadini a non farsi contagiare dal “virus della rabbia”, come lei stessa ha titolato il suo post.

Bene, spostiamoci 1362 km più giù, a Messina, la mia città. Qui il sindaco Cateno De Luca (che ieri doveva fronteggiare il contagio di 70 cittadini, oggi pare che il numero sia già lievitato coinvolgendo una casa di riposo e l’Irrcs Neurolesi Bonino-Pulejo) ha attivato un servizio telefonico con la registrazione di un suo messaggio. Si si, proprio così. Squilla il cellulare e quando si risponde si sente: “Sono il sindaco, vi ordino!!!!!”. Inquietante. E’ arrivata pure a me la telefonata che a Messina non risiedo più da quattro anni. E non una volta. Ripetutamente. Non serve aver bloccato il numero. Perché se le telefonate non arrivano, comunque vengono registrate in segreteria telefonica. Ma questo è solo un aspetto della comunicazione in tempi di coronavirus del sindaco della città del Peloro. Perché la sua ultima battaglia è quella contro una comitiva di allegri sciatori (pare addirittura 140) che sono rientrati dalla vacanzetta a Madonna di Campiglio il 7 marzo scorso, dichiarando il ritorno con notevoli giorni di ritardo e dopo aver ripreso la propria normale attività e aver esposto alla potenziale infezione da coronavirus, quindi, un numero vasto, difficilmente calcolabile, di concittadini.

A leggere le cronache locali, parrebbe pure che questa comitiva faccia parte della “Messina bene” (leggerlo sulle bacheche facebook di altrettanti esponenti della Messina snob e radical chic francamente fa un po’ ridere, ndr). Comunque torniamo al punto: non c’è dubbio, Messina bene o villaggio Cep (sarebbe più difficile certamente avere come meta Madonna di Campiglio) i vacanzieri hanno sbagliato a non segnalarsi subito. Che sia un giorno o sette di ritardo, è lo stesso. Tuttavia una domanda, leggendo le furenti richieste di avere su tutti i canali a social unificati, i nomi e i cognomi dei vacanzieri e degli infetti fra i vacanzieri, bisogna porsela. Sicuri che tocchi alla piazza fare giustizia? Indicare alla pubblica gogna dei perfetti idioti, irresponsabili e menefreghisti? Non c’è il timore che il virus della rabbia faccia sul campo il suo bel numero di vittime? “Mi chiedo, direbbe la sindaca di Torino, è davvero di questo che abbiamo bisogno in questo momento?”.

Il sindaco di Messina, Cateno De Luca, faccia quello che deve fare un sindaco, segnali alle autorità giudiziarie (come avrà fatto, c’è da aspettarselo) il comportamento di questi vacanzieri della Madonna e via facebook, visto che è tanto seguito, metta a tacere la vena giustizialista assetata di sangue dei concittadini spaventati e accecati dall’odio. Ci penseranno i magistrati a individuare le responsabilità penali. Perché ci sono, eccome: articolo 452 del codice penale, delitti colposi contro la salute pubblica, reclusione da uno a cinque anni; articolo 650 del codice penale che punisce con l’arresto fino a tre mesi chiunque non osservi un provvedimento delle autorità emesso “per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene”.
Perché la domanda è sempre quella che ci ha posto la sindaca di Torino: “E’ davvero di questo che abbiamo bisogno in questo momento?”.

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