“Quelli che venivano indicati come segnali, per quanto qualificati, di una presenza delle cosche in Abruzzo e in Molise, grazie alle evidenze investigative raccolte con l’operazione ‘Isola Felice’, sono diventati importanti tessere del mosaico espansionistico della ‘ndrangheta verso regioni solo all’apparenza meno ‘appetibili'”.
È quanto si legge nella relazione della Direzione investigativa antimafia (Dia) al Parlamento relativa all’attività svolta nel secondo semestre 2016.
Nell’inchiesta ‘Isola felice’, condotta dai carabinieri con l’esecuzione di 25 misure cautelari, si è fatta “piena luce sull’operatività del gruppo Ferrazzo di Mesoraca (Crotone) in Abruzzo e in Molise”.
“Il capo ‘ndrina – si legge ancora nella relazione – non solo aveva scelto di stabilire ufficialmente la propria residenza in San Giacomo degli Schiavoni (Campobasso), ma si era di fatto reso promotore di una associazione criminale composta sia da calabresi che da siciliani (famiglia Marchese di Messina) che operava tra San Salvo (Chieti), Campomarino (Campobasso) e Termoli (Campobasso)”.
Nel corso dell’indagine sono state documentate le cerimonie di affiliazione che prevedevano giuramenti su ‘santini’ ed altre immagini sacre, insieme ad altri rituali. Dalla relazione della Dia emerge anche un altro particolare: l’ascesa del clan Ferrazzo in Abruzzo e Molise è stata in qualche modo favorita dalla ‘caduta’ del clan campano Cozzolino, “precedentemente egemone nello stesso territorio e fortemente ridimensionato a seguito dell’operazione ‘Adriatico’ della Procura Distrettuale dell’Aquila”.
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