Fa vertenza ma viene minacciato dai datori di lavoro con un metodo definito mafioso.  Vessazioni e intimidazioni anche da parte di una terza persona già nota alle forze dell’ordine perché vicina al clan dei barcellonesi, ingaggiata per spaventare ancora di più la vittima. Le indagini dei carabinieri, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, hanno portato a a Brolo a tre arresti tra carcere e domiciliari con braccialetto elettronico. Avviso di garanzia a carico di un altro soggetto coinvolto nella vicenda.

Le minacce

L’indagine è stata avviata nel maggio 2023, subito dopo la presentazione di una denuncia presso la Stazione Carabinieri di Brolo, da parte di un uomo della zona, il quale aveva dichiarato di essere stato minacciato dai suoi ex datori di lavoro, padre e figlio, qualora non avesse proceduto a ritirare le accuse prospettate in una causa civile che aveva intentato dinanzi il giudice del Lavoro nei loro confronti. Il denunciante, infatti, nel 2022, aveva avviato una vertenza per il recupero delle spettanze contributive derivanti dal rapporto lavorativo, mai regolarizzato, prestato per diversi anni presso la ditta riconducibile ai due indagati.

Il terzo indagato

Le gravi minacce, reiterate nel tempo, sarebbero state aggravate anche dall’intervento di un terzo indagato, già condannato in via definitiva per il reato di associazione di tipo mafioso e rapina aggravata dalle finalità mafiose, che, avvalendosi della sua capacità criminale, avrebbe avvicinato la vittima intimidendola ulteriormente per costringerla a ritirare la vertenza di lavoro, evitando ulteriori danni. Tale circostanza avrebbe determinato nella vittima un grave timore per la sua incolumità, tenuto conto che il soggetto che lo aveva intimidito era stato coinvolto in più vicende giudiziarie quale appartenente alla famiglia mafiosa dei barcellonesi.

Le indagini

Le indagini, sviluppate, oltre a documentare le continue vessazioni, con minacce di morte, rivolte all’ex dipendente, hanno anche permesso di constatare che gli indagati avrebbero avuto in animo anche la possibilità di fare ricorso all’uso delle armi, qualora la vittima non avesse desistito nella sua azione legale.

I carabinieri hanno inoltre individuato un quarto soggetto, indicato nella causa davanti al giudice del Lavoro quale testimone degli indagati, che avrebbe avvicinato pretestuosamente la vittima, tentando di scoraggiarla dal proseguire la sua azione giudiziale. Addirittura, gli indagati avrebbero esercitato pressioni anche nei confronti di un testimone della persona offesa, con l’intento di condizionarne la sua deposizione nelle udienze nella causa civile

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