Il DPCM del 13 ottobre scorso prevede la raccomandazione di non far entrare più di sei familiari o amici in casa se non sono conviventi.
Si tratta della regola del sei, che si ispira al concetto di bolla sociale implementata in Belgio e citata nelle scorse settimane anche dal presidente francese Emmanuel Macron e dal premier britannico Boris Johnson.
Ora, la regola del sei non è un obbligo. Insomma, anche se la maggioranza dei contagi avviene in famiglia, lo Stato non può certo entrare in casa per verificare se venga rispettata la raccomandazione e, quindi, sanzionare di conseguenza. Ecco perché non è un divieto normativo. Lo scopo, però, è di ridurre al minimo gli assembramenti familiari, limitando le uscite.
In Inghilterra, invece, è prevista una multa di 110 euro per chi organizza riunioni con più di sei persone in un luogo privato. E in Canada, a quanto si apprende, già sarebbero state comminate multe pari a 13 milioni di dollari per l’inosservanza delle istruzioni sanitarie.
La regola del 6 è stata spiegata di recente anche da Franco Locatelli, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
«La cosiddetta regola del 6 – ha detto Locatelli – non è una legge ma una raccomandazione che, pur in assenza di un’indiscutibile evidenza scientifica, è fondata su un principio ispiratore improntato a massima precauzione e strettamente connesso alla logica di evitare assembramenti in luoghi chiusi».
Insomma, la regola del 6 in casa di familiari ammici non è un divieto ma una raccomandazione che ha lo scopo di sensibilizzare sull’importanza di evitare gli assembramenti. Sì, perché meno persone si riuniscono in una casa, meno possibilità ci sono per causare un focolaio. Ma, al netto di coprifuoco e lockdown, al momento tutto è rimandato al senso di responsabilità dei cittadini.
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