Oggi, 18 maggio, è il primo giorno dello sblocco quasi totale del lockdown, seppur con le dovute precauzioni sanitarie. Sul tema è intervenuto Massimo Galli, direttore del dipartimento di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, intervistato da Repubblica.

L’eserto ha affermato: «Un tentativo va fatto, la gente non ne può più di stare in casa, molte attività economiche rischiano di morire, e muore anche chi ci lavora. Se l’apertura avviene è perché non ci sono alternative, ma dobbiamo viverla con il massimo senso di responsabilità nei nostri comportamenti».

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Tuttavia, i pericoli non mancano: «Il rischio di una seconda ondata dell’epidemia non è una cosa che dico io ma è un’ipotesi che spaventa l’Organizzazione mondiale della sanità. C’è stata in altri Paesi che hanno aperto, anche se non ha portato situazioni drammatiche. Ora l’abbiamo deciso anche noi, per motivi di assoluta necessità. Siamo di fronte a un esperimento di riapertura che si fonda principalmente su mascherine e distanziamento».

Galli, comunque, non è «scettico» sulle misure decise dal Governo Conte: «Quello che è fondamentale è che ogni cittadino si senta responsabile. Nessuno può sapere oggi se funzionerà. Il tentativo va fatto, anche se molte indicazioni potrebbero essere modificate in corso d’opera, in base all’evoluzione del contagio». Per l’sperto «in una situazione tecnicamente ideale, prima dell’apertura ci sarebbero dovute essere altre cose», come «sarebbe stato estremamente più opportuno individuare prima e meglio i positivi, non in senso poliziesco o inquisitorio, ma per dar loro supporto sanitario, soprattutto a chi è chiuso in casa con l’infezione».

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In questa fase, poi, «il luogo di maggiore contagio è il contesto familiare. Il rischio è che si prenda il virus fuori e lo si porti in casa. Anche le aziende possono esserlo, molte si sono attrezzate autonomamente per limitare i focolai».

Infine, il racconto di una passeggiata a Milano: «Ho trovato moltissime persone in giro, e questo non mi stupisce. È normale che la gente sia ormai portata a farlo, anche se benissimo non va: ho visto tanti giovani in gruppo, più o meno ammassati, qualcuno senza mascherina. Questo non va bene». Il problema «è cosa accadrà tra 15 giorni, se vedremo un’impennata dopo la riapertura. Nutro una speranza, che non è una certezza: che alcuni dei positivi possano avere una forza contagiosa più bassa. È un ipotesi, che con prudenza mi dà ottimismo». Fonte: Adnkronos.

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