Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, questa mattina ha partecipato alle cerimonie di commemorazione del vice questore Antonino Cassarà, assassinato dalla mafia insieme al suo agente di scorta Roberto Antiochia il 6 agosto del 1985, e del procuratore capo di Palermo Gaetano Costa, ucciso nello stesso giorno cinque anni prima.

“Questi momenti – ha dichiarato Orlando – servono a ricordare il sacrificio dei tanti servitori dello Stato e della legalità che, talvolta costretti ad operare in un ambiente torbido in cui la mafia assume i contorni di quella parte deviata delle istituzioni, sono caduti per rendere Palermo una città libera. E’ la memoria di questa vittime – ha continuato Orlando – che ci porta ad apprezzare ancor di più l’impegno profuso ogni giorno dai magistrati e dalle forze dell’ordine nella lotta contro ogni forma di criminalità organizzata e rendere più sicuri i luoghi in cui viviamo”.

La cerimonia in ricordo di Cassarà e Antiochia, cui hanno preso parte le più alte cariche civili e militari della città, si è svolta presso la cappella della Caserma Pietro Lungaro ed è, poi, proseguita con la deposizione di una corona commemorativa presso la Caserma Boris Giuliano, sede della Squadra Mobile di Palermo.

Successivamente il primo cittadino si è recato in via Cavour, dove è stato ricordato il procuratore Costa.

“Il ricordo di Ninni Cassara’, che fu mio compagno di scuola e di universita’, e’ quello di un uomo che ha donato la propria vita nel tentativo di battere la mafia”. Lo ha dichiarato il presidente del Partito Socialista Italiano, Carlo Vizzini, che oggi si e’ recato sulla tomba del vicequestore Cassara’ per deporre un cuscino di fiori in sua memoria.

“Il fatto che dopo trentuno anni la mafia sia ancora fra di noi e lo e’, peraltro, anche camuffata da antimafia, meriterebbe un
maggiore impegno per onorare tanti morti che questo cancro chiamato Cosanostra ha provocato e provoca – ha aggiunto -. I
teatrini dell’antimafia parolaia, ormai propri anche di alcuni governanti, vanno sconfitti e superati. Il carcere duro e la
confisca delle ricchezze mafiose sono lo strumento per battere le mafie senza proclami ma con azioni efficaci dello Stato. Anche la politica deve comprendere che il proprio posto e’ in prima linea e non soltanto davanti ai microfoni”.