E’ iniziato nel segno delle proteste sulla riforma della prescrizione il nuovo anno giudiziario inaugurato oggi. Gli avvocati del Distretto della Corte di Appello di Messina hanno scelto di assistere alla cerimonia senza indossare la toga, “in segno di dissenso nei confronti di chi “non ascolta la voce dell’avvocatura sulla riforma che ha inciso sul decorso del termine di prescrizione del reato”. I consiglieri dell’Ordine degli avvocati di Siracusa, hanno, invece, abbandonato la cerimonia al momento dell’ intervento del rappresentante del Governo.
A scuotere è stato, comunque, l’intervento a Palermo di Nino Di Matteo, componente del Csm ed ex pm, che ha puntato il dito contro i “magistrati impegnati in una folle corsa verso incarichi direttivi ” e contro “correnti che da ossatura della democrazia sono diventate ambiziose articolazioni di potere”. Quanto venuto alla luce con l’inchiesta di Perugia, secondo l’ex pm, ha generato “un generale discredito nei confronti della magistratura”, ma “e’ anche l’occasione per ripartire prima che altri cambino le regole comprimendo valori come quello dell’indipendenza”. Ma per voltare pagina, secondo il magistrato, non bastano nuove norme, ma serve “una svolta etica individuale e di corpo”.
“Forse e’ venuto il tempo di rimodulare questa cerimonia. La questione giustizia e’ inestricabilmente connessa con la questione sociale e il dibattito non puo’ essere solo fra tecnici”. Lo ha detto il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, intervenendo alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario a Pa intervento, il suo, incentrato sulla stretta connessione tra la poverta’ (“La Sicilia e’ la regione con il tasso di poverta’ maggiore in Italia, il 40,7%, contro la media nazionale dell’11”) e per questo Scarpinato e’ partito dalla recente inchiesta sui cosiddetti spaccaossa, rimarcando “l’inefficacia di un sistema penale basato soltanto sulle pene: quale deterrenza – ha detto il pg – puo’ esserci nei confronti di persone disposte ad accettare menomazioni personali in cambio di denaro? Quale rieducazione, dopo aver scontato le pene, per gente cosi’ povera e disperata?”. Scarpinato ha continuato parlando di “illegalita’ di sussistenza”, e di “minaccia di applicazione di sanzioni penali che resta priva di efficacia”. Un altro passaggio dell’intervento e’ stato dedicato alla stretta connessione tra criminalita’ mafiosa e corruzione, tra mafia “e attivita’ di spaccio delegata una rete di pusher sempre piu’ ampia e formata anche da minorenni”.
“C’e’ troppa gente che ruba e ruba risorse pubbliche. Parlo di colletti bianchi e inamidati. Ci sono piu’ denunce contro la mafia che contro i pubblici ufficiali corrotti. Cio’ vuol dire che le leggi non hanno funzionato anche perche’ molti condannati restano al loro posto. E allora non c’e’ alcuna deterrenza.”. Lo ha detto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi intervenendo alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. “Corrotti e corruttori – ha aggiunto – traggono dalla mafia preziosi insegnamenti, adottano cautele negli incontri per evitare intercettazioni, usano comunicazioni criptiche quando parlano tra loro, hanno incontri riservati avendo cura di lasciare i telefoni, riciclano come i mafiosi e autoriciclano. Comportamenti prima tipici solo dei mafiosi ora nella routine di corrotti e corruttori. Cio’ rende le indagini piu’ difficili”. “Tra corrotto e corruttore poi c’e’ un interesse reciproco da tutelare, cio’ comporta che le denunce o non ci sono o sono pochissime”, ha spiegato Lo Voi che ha concluso: “forse occorre una presa di coscienza su un fenomeno che fa danni come la mafia, non spara, ma danneggia l’economia,l’ imprenditoria onesta e l’intera societa’. Contro la mafia,dunque, serve una risposta collettiva della societa’ e di tutte le istituzioni”
Situazione al limite del collasso a Catania, come svelato dal presidente della Corte d’appello di Catania Giuseppe Meliadò nella relazione inaugurale dell’Anno giudiziario di Catania. “Quello “che si e’ concluso” e’ stato” “un ‘annus horribilis’ per la magistratura, avendo avvenimenti – ha detto Meliadò – recenti e che hanno avuto grande eco nell’opinione pubblica, riproposto il dibattito sui valori morali e sui principi costituzionali che sorreggono l’indipendenza della magistratura. Il rischio di reazioni emotive e di valutazioni affrettate del tutto scontate – osserva Meliado’ – in una societa’ che privilegia la velocita’ della comunicazione rispetto ai tempi della riflessione non ha impedito, tuttavia, che si avviasse su questi temi una discussione che, nonostante luci ed ombre, ha cercato di distinguere tra quelli che sono i valori di fondo – e come tali irrinunciabili – dell’autogoverno e del pluralismo ideale ed organizzativo della magistratura e le esigenze di rinnovamento che, attraverso la scrittura di nuove regole, possono migliorare la capacita’ della magistratura di articolarsi come potere diffuso, ma non gerarchico, potere responsabile, ma soggetto solo alla legge, sollecitando – sottolinea il presidente della Corte d’appello di Catania – l’inclinazione di ogni magistrato ad essere, in ogni momento della vita professionale, ‘senza timore e senza speranze’, per come ha voluto la Costituzione Repubblicana”.
Il presidente della Corte d’appello Giuseppe Meliado’ nella relazione inaugurale dell’Anno giudiziario del distretto di Catania ha anche parlato delle strategie della criminalità organizzata. “In termini di giustizia penale, rilevante rimane il numero dei procedimenti che riguardano fatti di criminalità organizzata. In particolare, l’attività di Cosa nostra nel Distretto di Catania non appare finalizzata a perseguire il monopolio dell’attività criminale di basso, mirando piuttosto alla gestione di attività economiche particolarmente redditizie ma di difficile individuazione”. Ed ancora. “Tra queste – aggiunge – la gestione legale tramite prestanome di esercizi commerciali, l’assegnazione di pubblici appalti, la gestione dei rifiuti, le scommesse, anche on line, con le conseguenti opportunita’ di ‘ripulitura’ e di reinvestimento, anche su scala internazionale, dei capitali illecitamente perseguiti e una sistematica infiltrazione nel settore economico, che finisce per depotenziare ed escludere dal mercato l’iniziativa imprenditoriale sana”. “Non vengono trascurati – osserva il presidente Meliado’ – i settori di tradizionale interesse come il traffico di stupefacenti su larga scala, le estorsioni e l’usura, strumenti mediante i quali si riafferma il controllo sul territorio e si ottengono risorse da destinare al mantenimento in carcere. Le operazioni investigative hanno portato all’applicazione di misure cautelari custodiali a carico di 570 persone indagate per delitti di associazione mafiosa, riciclaggio, intestazione fittizia di beni e al sequestro di 696 beni”. “Sensibilmente aumentato – sottolinea – e’ il flusso dei reati contro il patrimonio, specie nei circondari di Siracusa e Ragusa e l’aumento delle truffe informatiche”. “Costante e’ anche il flusso dei reati contro la pubblica amministrazione, i reati finanziari e fallimentari – osserva il presidente della Corte d’appello di Catania – e la Procura distrettuale ha evidenziato la fondamentale importanza del coordinamento delle forze di polizia per ottimizzare i risultati investigativi e privilegiare il disvelamento di sistemi illegali ‘seriali’ tipici della corruzione rispetto alla repressione episodica di singoli fatti criminosi. A questo si aggiunge l’attivita’ di coordinamento tra gli uffici giudiziari, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza per l’emersione e il tempestivo monitoraggio delle situazioni di insolvenza”.
“La storia giudiziaria di Caltanissetta narra di processi su tante morti eroiche di servitori dello Stato legate da un comune filo rosso. Morti confermative del tentativo della mafia di accreditarsi come contropotere dello Stato capace di eliminare tutti gli ostacoli che si frappongono ad un’espansione mirata all’infiltrazione negli apparati istituzionali, oggi, anche attraverso il torbido connubio corruzione e criminalità organizzata”. Lo ha detto il presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta Maria Grazia Vagliasindi durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. “È una lunga scia di sangue quella che ha impegnato la giurisdizione nissena – ha aggiunto – ed è qui a Caltanissetta che è stato celebrato il primo processo Chinnici e i processi sulle stragi Falcone e Borsellino. Questa è storia giudiziaria e di tale storia è per competenza processuale intrisa la giurisdizione nissena che, già per tale profilo, è legittimata a pretendere un aumento di organico, un sostegno più efficace sotto il profilo delle risorse amministrative, un’investigazione che si possa avvalere dei più sofisticati strumenti”.
“E’ un ufficio che non dimentica il passato. Oltre alle incessanti indagini sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, nell’arco temporale di riferimento, merita di essere evidenziato il procedimento che ha riguardato la strage di Pizzolungo, consumatasi il 2 aprile 1985”. Lo ha detto il procuratore generale di Caltanissetta, Lia Sava. “Le indagini, riapertesi a distanza di anni grazie alle dichiarazioni rese dalla collaboratrice Giovanna Galatolo, “sono sfociate – ha aggiunto – nella richiesta di rinvio a giudizio a carico del padre della donna, il boss Vincenzo Galatolo, gia’ rappresentante della famiglia dell’Acquasanta, sodalizio mafioso inserito nel mandamento di Resuttana, storico feudo della famiglia Madonia. Il procedimento e’ in corso di definizione nelle forme del rito abbreviato. Ancora, si sono concluse le trance in abbreviato del delicatissimo procedimento ‘Double face’ e del procedimento avente ad oggetto condotte di magistrati appartenenti all’ufficio misure di prevenzione del Tribunale di Palermo”
E’ in aumento la sopravvenienza di procedimenti per reati contro la pubblica amministrazione quali peculato, malversazione, corruzione e concussione. In diminuzione di quasi il 50% i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso (anche finalizzata alle estorsioni, allo spaccio di sostanze stupefacenti, all’usura) e in aumento, invece, quelli di associazione a delinquere”. A dirlo Michele Galluccio, presidente della Corte di appello di Messina durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario a Messina. “Rimangono – aggiunge Galluccio – numerosi, in termini assoluti, i reati inerenti la sfera sessuale e la pedofilia, anche se in diminuzione, ma non in percentuali di rilievo; in aumento del 44% i reati di stalking (ben 485). Aumentano gli omicidi dolosi consumati ( +35%) e tentati; senza variazioni di rilievo gli omicidi colposi; in forte aumento quelli per infortunio sul lavoro ( 800%) e in aumento quelli da circolazione stradale; mentre stazionario e’ il numero dei procedimenti per lesioni colpose da infortunio sul lavoro e in aumento le lesioni colpose da incidente stradale; senza variazioni di rilievo i procedimenti per responsabilita’ colposa per morte o lesioni in ambito sanitario”. “Costante e alto e’ il numero dei reati in tema di stupefacenti. In aumento i furti in abitazione, le rapine, l’usura; costante il numero di quelli di riciclaggio. In lieve diminuzione le bancarotte; in forte aumento i reati in materia informatica. Si registrano variazioni in diminuzione (- 17%) per i reati in materia di inquinamento, mentre costante e’ in dato per le lottizzazioni abusive”, ha concluso
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