Tornano liberi 15 tra boss, gregari ed estortori del mandamento mafioso di Brancaccio. La corte d’appello di Palermo ha dichiarato la nullità del decreto che aveva disposto il giudizio, decisione che ha comportato l’annullamento del dibattimento che in primo grado si era concluso con condanne pesantissime per gli imputati.

Per gli imputati solo obbligo di firma

I giudici hanno disposto la scarcerazione di tutti limitando le misure restrittive al solo obbligo di firma. Il procedimento nasce da un’inchiesta del 2017 della Dda di Palermo che azzerò il mandamento di Brancaccio.

Tra gli imputati scarcerati, i boss Lucchese e Caserta

Secondo i legali di alcuni imputati il gup che dispose il rinvio a giudizio si sarebbe dovuto astenere perché aveva firmato le proroghe delle intercettazioni. Nonostante le eccezioni dei difensori si è celebrato il primo processo. Ora l’appello con la decisione sulla nullità. Tra gli imputati condannati e scarcerati i boss Giovanni Lucchese e Giuseppe Caserta che in primo grado erano stati condannati, rispettivamente, a 17 e a 18 anni di carcere.

Nel medesimo giorno fine pena per Giovanni Brusca

Da lunedì 31 maggio Giovanni Brusca è libero per fine pena. Una scarcerazione che avviene nel medesimo giorno in cui 15 boss vengono liberati per l’annullamento di un processo a causa di un cavillo e nel giorno in cui a Palermo si torna a sparare per strada. Una serie di coincidenze che fanno del 31 maggio un giorno buio nella lotta alla mafia.

Restituito il ‘tesoro’ sequestrato ai Virga

La sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha respinto la proposta di applicazione della sorveglianza speciale per gli imprenditori Carmelo, Vincenzo, Anna, Francesco e Rosa Virga.

Erano difesi dagli avvocati Franco Inzerillo, Benedetto Inzerillo, Santi Magazzù, Antonio Di Lorenzo, Salvatore Ziino, Domenico La Blasca, Filippo Liberto, Salvatore Aiello, Giorgio Zanasi.

I giudici hanno restituito alla famiglia gran parte dell’immenso patrimonio sequestrato dalla Dia e stimato in un miliardo e 600 milioni: trust, beni immobili e mobili registrati, rapporti bancari e imprese. Confiscata solo una parte residuale del “tesoro”: alcuni immobili e terreni di Carmelo Virga.

Secondo gli inquirenti i Virga avrebbero beneficiato del determinante appoggio di Cosa Nostra per l’aggiudicazione di lavori e appalti pubblici nel settore dell’edilizia e sarebbero organici alla famiglia mafiosa di Marineo, nel mandamento mafioso di Corleone.