Emergono nuovi particolari in seguito all’operazione antimafia di questa mattina eseguita dai Carabinieri a Belmonte Mezzagno (Pa). Quattro persone sono state arrestata perchè accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa e di avere partecipato a una vicenda estorsiva condotta con metodologie mafiose.
In particolare è stato arrestato Francesco Tumminia, considerato il reggente della famiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno. Le indagini sfociate negli arresti di oggi sono iniziate all’indomani dell’operazione antimafia Cupola 2.0 del 4 dicembre 2018 con la quale i Carabinieri hanno smantellato la riorganizzata Commissione provinciale di cosa nostra. All’epoca fu arrestato Filippo Bisconti che era ritenuto l’allora capo mafia locale e che poi iniziò a collaborare con la giustizia.
Fu proprio il pentimento di Bisconti, secondo Mauro Carrozzo, comandante del Reparto operativo dei Carabinieri di Palermo, che generò un cambio nella risoluzione di controversie interne alla famiglia mafiosa di Belmonte. Era per la presenza di Bisconti, infatti, secondo gli investigatori, che a Belmonte non si registravano fatti di sangue. Tutte le controversie, come ha sottolineato Carrozzo in conferenza stampa, venivano risolte dalla “diplomazia criminale”. L’arresto di Bisconti ha poi generato una sorta di anarchia nel paese in provincia di Palermo, un’anarchia testimoniata anche dagli omicidi e dal tentato omicidio avvenuti nel 2019.
A Gennaio si consumò l’omicidio di Vincenzo Greco, a maggio l’omicidio del commercialista Antonio Di Liberto e l’ultimo a dicembre il tentato omicidio di Giuseppe Benigno, arrestato questa notte con l’accusa di associazione mafiosa. “Gli omicidi e i tentati omicidi sarebbero quindi tutti collegati da una matrice mafiosa”, ha sottolineato Carrozzo.
Ma a Belmonte arrivò poi Tumminia, ritenuto l’attuale capo famiglia di Belmonte Mezzagno. Tumminia si occupava anche della Forestale, ha evidenziato Gaetano Borgese, comandante della Terza sezione del Nucleo Investigativo. “Facendo pressione su alcuni funzionari che avevano un ruolo di vertice sul resto dei dipendenti imponeva loro i turni di servizio, la composizione delle squadre, in modo tale che i lavoratori più disponibili e più vicini a lui fossero più favoriti”. Per chi era vicino ai boss quindi venivano riservati i lavori meno duri e una certa libertà per restare a disposizione del capo famiglia. “Tumminia andava addirittura al cantiere della Forestale non avendo alcun titolo, si presentava al cantiere e imponeva al responsabile ogni suo volere facendo pressioni grazia alla sua posizione di vertice nel sodalizio”.
Nell’operazione il fermo per inidiziato di delitto è scattato per Salvatore Francesco Tumminiza, 47 anni e Giuseppe Benigno, 46 anni mentre l’arresto a seguito di ordinanza di custodia cautelare riguarda Stefano Casella di 42 anni e Antonino Tumminia di 50 anni
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