L’emergenza da Covid-19 da oggi cambia le abitudini di vita di tutti gli italiani. Anche in ambito culturale. E ciò si rende particolarmente evidente nella nostra Regione, in quella che avrebbe dovuto essere la “Giornata dei Beni Culturali siciliani”, dedicata a Sebastiano Tusa, scomparso tragicamente nella sciagura aerea del 10 marzo scorso in Etiopia. Abbiamo raccolto qualche riflessione di Silvia Mazza, storica dell’arte.
Annullata la giornata dedicata a Tusa, chiusi tutti i musei, parchi archeologici e gli altri siti con tanti eventi in programma per l’occasione. Anche la memoria dello sfortunato assessore non trova pace.
E’ una fatale coincidenza. Tusa un anno fa perdeva la vita proprio in quel 10 marzo che nel 241 a. C. è stato segnato dalla vittoria dei romani sui cartaginesi, una pagina della storia a cui l’archeologo aveva dato un fondamentale contributo, con l’intuizione, poi supportata da importanti ritrovamenti, dell’identificazione del luogo della Battaglia delle Egadi nelle acque di Levanzo. E proprio oggi, a distanza di un anno dalla sciagura in cui ha perso la vita, sono estese all’intero Paese le misure restrittive che vietano ogni forma di assembramento in luoghi pubblici, compresi i siti culturali. Mentre la giornata dedicata a Tusa era stata già annullata il 5 marzo da un decreto del Presidente Nello Musumeci, nella qualità di assessore ad interim dei beni culturali.
Il Governo regionale non si è fatto trovare impreparato. Già dall’8 marzo, recependo le disposizioni nazionali restrittive riguardanti la Lombardia e alcune province del Nord, ha disposto la chiusura di musei e parchi. Come giudica le misure di contenimento della diffusione del Covid-19 in ambito culturale?
Diciamo, invece, che la Regione è corsa ai ripari, nello specifico ambito culturale, con un contrordine. Non dimentichiamo, infatti, l’imprudente decisione di mantenere l’ingresso gratuito ai siti nella prima domenica del mese, il 1° marzo, mentre il ministro Dario Franceschini la sospendeva. Una gratuità a cui ben si poteva rinunciare dato che non assolve alle necessità primarie dei cittadini, ma che sicuramente favorisce l’assembramento di persone, peculiare anche per le file che si creano, con turisti e visitatori uno attaccato all’altro. Non si è compreso, cioè, che i 17 milioni visitatori portati nei musei dall’introduzione della misura, nel 2014, come poi dimostrato anche dai numeri registrati dai siti siciliani, non sono paragonabili agli ingressi ordinari a pagamento. In quel momento, però, il messaggio che si doveva far passare, per contrastare i danni al comparto turistico, è stato del tipo “reagiamo, la vita deve continuare!”. E così, a sostegno di una misura incomprensibilmente controcorrente a quella nazionale si è persino arrivati ad agitare quello stesso Statuto (art. 14) generalmente disatteso e che ha reso evidente, una volta di più, l’uso distorto della competenza specifica di cui la Regione gode in materia di beni culturali: esibita a corrente alterna, il più delle volte fuori luogo.
Insomma, a teatri e musei si può rinunciare per il momento.
Questo deve indurci a riflettere sul particolare significato di quello che pure è un primato che l’Italia da qualche anno può vantare: la fruizione dei beni culturali assimilata a un servizio sociale primario offerto ai cittadini. Ricorderemo, infatti, che nel 2015 il Consiglio dei ministri ha decretato che musei e i luoghi di cultura sono servizi pubblici essenziali, come gli ospedali per intenderci. “Ospedali” off limits, però, nell’ora dell’emergenza sanitaria. Ci viene chiesto, dunque, di rinunciare ai luoghi fisici della cultura. Ma la cultura è prima di tutto un bene immateriale a libero accesso! E tra le alternative per accedervi, voglio ricordare un’iniziativa, questa volta positiva, presa dalla Sicilia, inedita e del tutto tempestiva, come è stato giustamente sottolineato. La Regione, infatti, ha messo a disposizione degli istituti scolastici un portale di teledidattica per le lezioni online. “Nasce dall’esigenza – si legge nella comunicazione – di mantenere, in questa fase emergenziale, il senso di comunità e il contatto tra docenti e studenti, per continuare ad alimentare il processo formativo ed educativo già intrapreso”. E’ solo con l’educazione culturale che si possono contrastare le tristi immagini di assembramenti di giovani nei locali notturni, in barba ai divieti”.
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