“Le posso dire la verità? Questa indagine è stata la più difficile della mia vita, quella che più mi ha messo in crisi, perché sapevo che quando Palermo o la Sicilia diventavano di colore arancione e non rossa, accadeva sulla base di dati falsificati, o meglio alterati. Erano provvedimenti che non andavano presi. E’ stata veramente dura, perché pensavamo ai nostri cari. Sono stati atteggiamenti criminali…”. A parlare, in una intervista esclusiva all’Adnkronos, è il procuratore di Trapani Maurizio Agnello, che coordina l’inchiesta sui dati falsificati sulla pandemia che ha portato ai domiciliari la dirigente della Sanità Maria Letizia Di Liberti e altri due dipendenti. E a un avviso di garanzia all’assessore alla Salute Ruggero Razza, che ieri si è dimesso.

“Ottemperare a disposizioni che sapevamo essere sbagliate”

“E’ stata dura per noi ottemperare a quelle disposizioni che sapevamo essere sbagliate – dice ancora il magistrato, che è anche scrittore di romanzi gialli, l’ultimo ‘Ritratto del demone’ – perché uno pensa ai propri figli, agli anziani, ai genitori, alle moglie, e questi comportamenti sono stati veramente criminali, non trovo altri termini adeguati. Perché alla fine influivano su decisioni a livello centrale e regionale che dovevano invece essere frutto di una attentissima valutazione dei dati, anche dal punto di vista numerico. Perché tu fornisci numeri falsi, perché di questo si tratta. Se i 24 morti che ci sono stati in un giorno li fai diventare tre al giorno, spalmati in una settimana, e diventano 3 al giorno in più, mi chiedo come faccia a dire l’assessore Razza che i dati non venivano alterati. Non riesco a capire, da uomo della strada, come si possa fare un ragionamento del genere”.

“Stiamo combattendo una guerra con i fucili della prima guerra mondiale”

“Un’altra cosa che è emersa con forza è come è possibile che i dati venissero trasmesse dalle Asp all’Assessorato telefonicamente? Noi pensavamo che venissero mandati telematicamente per lasciare una traccia di questo passaggio. Invece no. Niente. Nel 2021 la dirigente Di Liberti telefonava ogni giorno a Catania, Siracusa, Palermo e a tutte le altre province per avere i dati. Come si fa a gestire una pandemia con le telefonate?”, dice ancora Agnello all’Adnkronos. “Si dice sempre che ‘siamo in guerra’, ma noi stiamo combattendo una guerra con i fucili della prima guerra mondiale, non la possiamo combattere con queste armi”.

“Una sensazione di efficienza della macchina regionale che non corrispondeva al vero”

Ma perché gli indagati avrebbero agito in questo modo? “Sembra per dare una sensazione di efficienza della macchina regionale che non corrispondeva al vero”, dice Agnello. Anche se il Procuratore di Trapani si dice “certo” che “dai telefonini e dai computer sequestrati verrà fuori altro, ma tanto altro ancora”. “Dai primi WhatsApp che abbiamo visto c’è parecchio materiale…”. Poi il magistrato sottolinea con forza: “Abbiamo accertato da tempo che la politica allungasse le mani sul settore della sanità, perché dà soldi e potere”. “Una cosa giusta l’ha detta Razza, in una intercettazione, cioè che quanto stava accadendo era il ‘fallimento della politica’. Ed è vero. I siciliani si sono assuefatti a una politica che decide tutto nella sanità”. Poi avverte: “La politica deve imparare a fare invece un passo indietro”.

 

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