Un importante lavoro dal titolo “STAT1 and Its Crucial Role in the Control of Viral Infections” è stato pubblicato pochi giorni fa sulla rivista International Journal of Molecular Science da parte del gruppo di ricerca delle Malattie Infettive del Policlinico di Palermo in collaborazione con il Computational and Chemical Biology Italian Institute of Technology di Genova e il Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna. Lo studio spiega il perché il Covid19 “buca” il sistema immunitario.

Il lavoro

Il dottore Manlio Tolomeo e il professore Antonio Cascio fanno il punto sui meccanismi con cui i virus inducono un blocco dell’immunità agendo sul sistema degli interferoni e sul loro principale “trasduttore” dell’informazione al DNA e cioè STAT1 (Signal Transducer and Activator of Transcription).

Cascio “Il virus produce proteina che elude sistema”

“Il dato più importante che emerge – sottolinea il professore Cascio – è che il virus SARS-CoV-2, responsabile dell’attuale pandemia, produce una proteina (più esattamente una proteasi) in grado di eludere il sistema degli interferoni, e in particolare il beta-interferone che è alla base dell’immunità nei confronti di questo virus. La proteasi in questione si chiama 3CLpro ed è fondamentale per la replicazione del virus. Questa proteina però è in grado di inibire l’induzione di beta-interferone agendo su RIG-1 (retinoic acid-inducible gene I, un importante attivatore di questo interferone) e indurre direttamente la degradazione di STAT1″.

E continua: “Questo spiegherebbe la particolare gravità della malattia, la capacità del virus di replicarsi eludendo il sistema immunitario e di conseguenza di diffondersi facilmente causando una pandemia. Poiché STAT1 è fondamentale per la produzione di cellule della memoria del tipo “T-bet+ B cells” e per lo switch anticorpale a immunoglobuline del tipo IgG, la degradazione di STAT1 indotta dal virus spiegherebbe la scarsa capacità di sviluppare una memoria immunitaria, le frequenti ricadute e la necessità di più dosi ravvicinate di vaccino anti-SARS-CoV-2”.

E conclude: “Infine, questi dati correlano con gli ottimi risultati clinici ottenuti con il farmaco antivirale Paxlovid, costituito da un inibitore specifico di 3CLpro (nirmatrelvir) e da un potenziatore farmacocinetico (ritonavir). Bloccando questa proteasi Paxlovid non solo impedirebbe la replicazione virale ma potrebbe anche riattivare il sistema degli interferoni e la memoria immunitaria nei confronti del virus SARS-CoV-2″.