C’era anche Matteo Messina Denaro fra i boss che decisero le stragi del 1992. C’era ed ebbe un ruolo rilevante, fondamentale che però rimase a margine dell’inchiesta sulla strage Falcone così come dell’inchiesta sulla strage Borsellino.

Ne sono convinti i magistrati di Caltanissetta che hanno emesso un nuovo ordine di cattura per la primula rossa di Castelvetrano, notificato alla madre visto che lui è ricercato proprio dal 1992 e non lo si riesce a trovare.

I magistrati nisseni hanno ricostruito il ruolo della mafia trapanese nell’organizzazione di quelle stragi grazie a Armando Palmeri oggi pentito ma in quegli anni autista del boss di Alcamo Vincenzo Milazzo. Milazzo si oppose alla strategia stragista e venne ucciso alla presenza di Messina denaro che poi ordinò di eliminare anche la sua compagna Antonella Bonomo per non lasciare traccia di quello che si stava organizzando.

Ma il vero mistero sta nei tempi per risalire a questa vicenda. Palmeri avrebbe raccontato nel 1998 quello che sa ed era in grado di riconoscere le persone con le quali il suo boss si incontrava e che avrebbero organizzato la strage e fra le quali c’erano uomini dei servizi segreti deviati.

Ma non fu creduto, i suoi verbali si persero la pista abbandonata.
Al centro dell’organizzazione dell’attentato ci sarebbe stato un imprenditore poi stranamente morto suicida. Adesso i magistrati di Caltanissetta stanno ricostruendo quegli eventi ma molte piste si sono raffreddate, molti testimoni sono scomparsi, sono stati uccisi, la memoria del pentito si è affievolita.
Ma l’inchiesta tenterà di far luce su uno dei grandi misteri d’Italia anche se il compiuto non sarà semplice.

“Fra i nemici storici di Matteo Messina Denaro e Toto’ Riina, c’erano alcuni magistrati e alcuni giornalisti. In particolare andavano eliminati i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Claudio Martelli, all’epoca ministro della Giustizia e giornalisti come Maurizio Costanzo che sfido’ la mafia bruciando in diretta una maglia di Cosa nostra, Pippo Baudo, Barbato, Michele Santoro e Enzo Biagi”.

Lo ha detto il procuratore aggiunto Gabriele Paci, nel corso di una conferenza stampa svoltasi questa mattina alla Procura di Caltanissetta.

“La strategia stragista parte dalla missione romana. Un gruppo di fedelissimi di Riina si trasferisce a Roma, per uccidere Falcone e Martelli. Dalla provincia di Trapani, parte alla volta della capitale, un camion con un doppio fondo, carico di armi ed esplosivo. L’ordine era quello di usare le armi. Dopo dieci giorni, quando il gruppo non riusci’ nell’impresa, perche’ secondo quanto dichiarato da Brusca, Riina era convinto che il gruppo a Roma si stava solo divertendo, arrivo’ l’ordine di far ritorno in Sicilia. Falcone andava eliminato in via Notarbartolo oppure lungo il tratto di autostrada che separa Palermo dall’aeroporto”.

Obiettivo di Cosa nostra, era anche eliminare coloro che si opponevano alla strategia stragista. “Da qui – ha spiegato Paci – il coinvolgimento di Matteo Messina Denaro in alcuni omicidi avvenuti nella sua provincia di appartenenza. Il
boss trapanese, gia’ nell’89 era il reggente della provincia di Trapani. Era lui a prendere tutte le decisioni piu’ importanti.
La provincia di Trapani, e’ la terra dove Riina e Bagarella trascorrono i loro anni della latitanza. A Mazara del Vallo fu
trovato parte del tesoro di Riina, diversi lingotti in oro.
Brusca, fedelissimo di Riina, ha rivelato ai magistrati che Matteo Messina Denaro, fu cresciuto sulle ginocchia del boss di Corleone”.

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