“Il prossimo 11 gennaio si terranno le manifestazioni religiose e civili per commemorare e ricordare il 25/o anniversario della barbara uccisione di Giuseppe Di Matteo, che per ordine di Giovanni Brusca fu strangolato e il suo corpicino sciolto nell’acido, per consumare una vendetta mafiosa nei confronti del padre Santino Di Matteo. Ma nessuno ricorda che tra pochi mesi, probabilmente ad ottobre, Giovanni Brusca potrebbe tornare in libertà in quanto è in attesa di 270 giorni di liberazione anticipata“.

Lo dice Salvino Caputo, avvocato e responsabile per Forza Italia del Dipartimento regionale per le Attività produttive.

“Il collaboratore che ha commesso 150 omicidi, azionato il telecomando della strage di Capaci del 23 maggio del 1992 e che per ritorsione ha ordinato il sequestro, l’omicidio e la soppressione del corpicino del piccolo Giuseppe Di Matteo, tra pochi mesi potrebbe godere di libertà piena – continua Caputo -. Nessuno ne parla, probabilmente il silenzio si impone da parte di alcuni settori delle Istituzioni, per non destare reazioni emotive e sociali per un beneficio incomprensibile che non trova giustificazione nemmeno richiamando i benefici per i collaboratori di giustizia. Da uomo e padre di due figli più che da avvocato, mi chiedo se per un criminale sanguinario e spietato come Giovanni Brusca autore dei più efferati crimini, uno per tutti l’assassinio di un bambino innocente, possano essere previsti benefici tali da giustificare e colmare colpe gravissime”.

Nel dicembre 2019 la Cassazione ha deciso che Giovanni Brusca deve rimanere in carcere. La decisione, in realtà, risale al mese di ottobre dello stesso anno, ma a dicembre erano state rese note le motivazioni.
Secondo la suprema corte non sarebbe ancora stata acquisita con certezza la prova del suo annunciato ravvedimento “anche anche considerata l’incertezza del completamento del suo percorso di pentimento”.
Il boss, tramite i suoi legali, aveva chiesto di poter accedere alla misura degli arresti domiciliari, una richiesta che era stata respinta anche dai giudici del tribunale di sorveglianza di Roma.

Articoli correlati