Il governo della Regione e i settanta deputati di Sala d’Ercole possono passare un Natale sereno. Il via libera del Consiglio di ministri al decreto legislativo per il rientro del disavanzo della Regione Siciliana che consentirà di spalmare in dieci anni il disallineamento mette al sicuro i conti. La Sicilia, insomma, non andrà in default. Ne mai questo sarebbe stato possibile. Ma sullo sfondo c’erano quei tagli comunemente definiti ‘lacrime e sangue’ che di conseguenze ne hanno tante sul tessuto sociale dell’isola sia sul fronte occupazionale che in tanti altri settore a cominciare dal welfare.

Il via libera arrivato ieri sera è stato salutato con favore praticamente da tutti. Si tratta di un decreto approvato dal Consiglio dei Ministri sulla base di una proposta venuta dalla Conferenza paritetica Stato regione ed avanzata già a marzo ma approvata solo ieri sera in via d’urgenza dopo che sul tema lo Stato aveva fatto una ben lunga dormita.

Ma l’approvazione non è stata indolore. I renziani hanno, infatti, ottenuto la contestata modifica dell’articolo 7. “Sulla vicenda della norma relativa alla Regione siciliana abbiamo raggiunto l’obiettivo” dice il vicepresidente dei deputati di Italia Viva Luigi Marattin.

Ed in questa modifica dell’articolo 7 sta l’intero costo sociale e politico che la Sicilia dovrà pagare. Di fatto, ancora una volta, l’isola è stata commissariata per volere forte del partito di Renzi, quello stesso partito che già aveva messo sotto tutela Crocetta ingerendo fortemente sui conti fino a portare a queste conclusioni.

Non è un caso se lo stesso Marattino definisce l’approvazione del decreto “misura di favore per la Regione”. Una affermazione alla quale nessuno si è preso la briga di replicare. E Maratton continua  “è stata approvata la nostra
proposta, accolta integralmente, di affiancare precisi obblighi di riduzione della spesa corrente che dovranno prendere corpo nei prossimi 90 giorni, altrimenti il periodo entro cui il disavanzo potrà essere spalmato tornerà a 3 anni”.

Di fatto ancora una volta uno schiaffo all’Autonomia e allo Statuto per mano renziana, un commissariamento per l’isola che dovrà fare le riforme concordandole con Roma. Una circostanza confermata dall’assessore Armao  “entro novanta giorni sarà definito con lo Stato un accordo che contenga le prescrizioni richieste dal governo nazionale, ma soprattutto chiuda definitivamente le intese sull’autonomia finanziaria regionale”.

Di fatto la Sicilia è tornata nell’era Crocetta, costretta sotto un commissariamento romano da parte delle stesse persone che lo avevano ottenuto nella precedente legislatura. Una replica che arriva nonostante siano cambiati gli equilibri politici tanto a Roma quanto a Palermo.

Ma i conti sono salvi e si può fare Natale sereni. Già prima del Consiglio dei Ministri i deputati erano andata in vacanza rinviando tutto al 28 dicembre. L’aula di ieri che avrebbe dovuto iniziare la discussione dei disegni di legge di assestamento di bilancio e rendiconto è durata pochi minuti. Per il Presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè il 28 mattina si dovrà incardinare i ddl di chiusura del rendiconto generale 2018 e quello di assestamento di bilancio 2019 puntando a chiudere la partita già domenica 29 o al massimo entro lunedì 30 dicembre. Bisognerebbe fare anche l’ esercizio provvisorio. ma già si parla di rinvio alla prima seduta utile di gennaio sapendo che i conti bloccati da inizio anno fino a fine mese di gennaio in fondo sono ormai una costante per la Regione e non certo in questo governo

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