• Impugnata la norma sul prepensionamento dei regionali
  • La Regione li richiama in servizio
  • I sindacati parlano di “pasticcio” e chiedono l’intervento dell’Ars
  • Lo sfogo di un ex funzionario direttivo
  • “Ci hanno trattato come rifiuti”

“E’ una situazione illogica, irrazionale e paradossale, in violazione delle leggi”. Non usa mezzi termini Vincenzo Vella, 63 anni, ex dipendente della Regione siciliana richiamato in servizio dopo il pensionamento.
Una circostanza bollata come “pasticcio” da Giuseppe Badagliacca e Angelo Lo Curto del Siad-Csa-Cisal che chiedono l’intervento dell’Ars.

“Trattati come i rifiuti”

“Non è vero che siamo privilegiati o che alla Regione abbiamo fatto i fannulloni. Io ho sempre lavorato con onestà, dedizione e spirito di servizio per quasi 39 anni”.
L’11 maggio di quest’anno Vincenzo Vella riceve una raccomandata che lo informa che deve tornare in servizio. Dapprima non crede ai suoi occhi. Poi, si confronta con altri ex colleghi, interpella il suo avvocato, fa ricerche su internet e viene a scoprire “che noi dipendenti regionali – dice – siamo stati trattati come i rifiuti”.
Una laurea in Economia, funzionario direttivo, Vella, in pensione dal 16 aprile 2020, lavorava al Dipartimento degli Affari Extraregionali di via Magliocco a Palermo.

La legge regionale n.9 del 2015

Ma come ha inizio questa assurda vicenda che vede oggi gli ex dipendenti regionali richiamati in servizio? Dove nasce l’inghippo? Per comprenderlo bisogna partire dalle legge regionale n.9 del 2015. L’intento del legislatore è stato quello di riorganizzare l’amministrazione regionale al fine di contenere la spesa ordinaria del bilancio regionale, così come più volte richiesto dalla Corte dei Conti in sede di parifica. Una sorta di piano industriale nel quale si prevedeva la fuoriuscita di una parte corposa di dipendenti regionali, attraverso le modalità stabilite dall’articolo 52 della stessa legge, con l’obiettivo di ridurre concretamente il personale in servizio entro il 2020.
La legge riguardava coloro che erano stati assunti prima del 1986 e aveva non solo l’obiettivo di ridurre la spesa regionale ma anche quello di perseguire un ricambio generazionale nei ruoli dell’amministrazione regionale.

Il diritto alla pensione e la legge regionale del 2019

Nel 2015 Vella presenta la sua istanza per chiedere il pensionamento. Siccome la legge prevede due requisiti, età e contribuzione, a calcoli fatti, risulta che potrà andare in pensione il 4 gennaio 2020.
L’1 gennaio 2019, come previsto da una legge dello Stato, il ministero dell’Economia emana un decreto circa quella che viene definita “speranza di vita” utile ai fini dei calcoli dei requisti di accesso al pensionamento. Lo Stato fa questo adeguamento ogni due anni.
Nel 2019 viene stabilito in 5 mesi. Quindi la data di pensionamento di Vella si sposta al 4 giugno 2020.
Succede che alcuni regionali che maturavano il diritto alla pensione a partire dall’1 agosto 2020, sommando i 5 mesi, ‘sconfinano’ all’1 gennaio 2021, data in contrasto con quanto disposto dalla legge regionale n.9 del 2015, secondo cui tutto doveva concludersi entro il 31 dicembre 2020.
“ A questo punto – racconta ancora Vella – il legislatore siciliano interviene in una maniera che io definisco scellerata. Fa una norma in cui estende i benefici della Quota 100 degli statali anche ai dipendenti regionali, ai quali prima non era applicata. La legge stabiliva che i regionali sarebbero andati in pensione tre mesi dopo la data di maturazione del diritto”. La legge in questione è la n.14 del 6 agosto 2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana il 9 agosto 2019.
La legge però viene impugnata il 3 ottobre 2019 dal Consiglio dei Ministri.

L’intervento della Corte costituzionale e il ricorso della Regione

Sulla questione interviene la Corte costituzionale che dichiara l’incostituzionalità dell’articolo 7 comma 2 della legge regionale del 2019, con la sentenza n.235 del 22 ottobre 2020.
Nella sentenza si legge che “Quel che, però, più risalta, e decisamente rileva, è che, a fronte di così incisivi interventi nel settore previdenziale (sui trattamenti di pensione e su quelli di fine servizio) come quelli disciplinati dagli artt. 14 e 23 del d.l. n. 4 del 2019, che investono anche la platea dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e che hanno comportato per lo Stato ingenti oneri finanziari, la difesa regionale – nonostante che l’art. 7 denunciato estenda detti interventi ai dipendenti della Regione con una clausola di invarianza finanziaria – si limita a deduzioni affatto generiche e non del tutto concludenti quanto all’insussistenza di oneri a carico del bilancio regionale, in toto gravato (in via diretta o indiretta) dalla spesa per il trattamento di quiescenza e per l’indennità di fine servizio dei dipendenti della Regione. E ciò senza, appunto, fornire riscontro alcuno ai propri assunti”.
E ancora: “La resistente, a tal fine, si limita a richiamare a sostegno «la relazione tecnica depositata dall’ARS sull’articolo 9 del DDL 491, corrispondente all’impugnato art. 7 della legge regionale n. 14 del 2019, utilizzata poi dal competente Assessorato regionale nel controdedurre alle osservazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze»; tuttavia, non solo di tale relazione non si fornisce dettaglio alcuno, ma l’art. 9 citato riguarda tutt’altra materia, ossia quella delle «Convenzioni» relative al sistema di gestione del ciclo dei rifiuti.
Questa Corte (con la sentenza n. 227 del 2019), in tema di necessaria copertura finanziaria delle spese ai sensi dell’art. 81, terzo comma, Cost., ha già posto in rilievo come una legge “complessa” dovrebbe «essere corredata, quantomeno, da un quadro degli interventi integrati finanziabili, dall’indicazione delle risorse effettivamente disponibili a legislazione vigente, da studi di fattibilità di natura tecnica e finanziaria e dall’articolazione delle singole coperture finanziarie, tenendo conto del costo ipotizzato degli interventi finanziabili e delle risorse già disponibili»”.
Vella insiste proprio su questo punto, sottolineando l’assurdità di quanto accaduto: “Gli avvocati della Regione, mandati a difendere i pensionati, non solo non hanno dato ‘motivazioni concludenti’, come dice la Corte, ma in mancanza di produzione della relazione di accompagnamento alla difesa, intendevano far valere quella già prodotta in tema di gestione dei rifiuti. Ci hanno trattato come rifiuti. E’ una vergogna e l’opinione pubblica deve saperlo”.

La richiesta di rientro in servizio

Come detto, l’11 maggio, a Vella è stato comunicato, da parte del Dipartimento della Funzione pubblica, che deve rientrare in servizio per 50 giorni. In corso il procedimento amministrativo che annulla il suo decreto di cancellazione dal ruolo con diritto al trattamento pensionistico.
Vella non ci sta. E spiega il perché. “Ci sono numerose sentenze della Corte costituzionale, tra cui la numero 208 del 2014, che vede estensori Sergio Mattarella, Marta Cartabia e Sabino Cassese, che dice che in materia di pensioni, prevale il diritto del pensionato. In pratica, quando il pensionato ha già cessato il suo rapporto di lavoro con provvedimento definitivo, nessuno può più chiedergli nulla. La tutela del pensionato viene prima di ogni cosa, e la Corte Costituzionale lo ha ribadito più volte. Sentenze chiarissime che i dirigenti regionali sconoscono o si rifiutano di capire. Il Dipartimento della Funzione pubblica asserisce che noi pensionati eravamo a conoscenza dell’impugnativa della legge regionale, cosa che è una illazione. Alla Regione hanno evidentemente inventato quello che io chiamo ‘diritto telepatico’. Mi doveva informare il dipartimento dell’impugnativa, io non ne sapevo nulla. E voglio ribadire: gli avvocati in sede di difesa ci hanno trattato come rifiuti.
Tra l’altro non è ben chiaro come mai il dipartimento avvii un procedimento amministrativo prima che si pronunci l’Ars, unico organo legittimato ad intervenire su quanto stabilito dalla Corte costituzionale”.
Conclude Vella: “Devo rientrare in servizio per fare cosa? Il mio era un lavoro di programmazione almeno annuale. Cosa posso seguire e concludere in 50 giorni? Mi devono trovare una scrivania, stipulare un’assicurazione infortunistica e ci sarebbero costi non giustificati. Se pensano che io vada a bivaccare nei corridoi si sbagliano di grosso. Non è mia intenzione farlo. Certo, dopo quasi 40 anni di servizio non mi aspettavo un simile trattamento e alla delusione non posso nascondere che si aggiunge anche la rabbia”.

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