«Il governo Musumeci ha la possibilità di indicare la strada da seguire, non perda l’occasione». L’appello arriva da Rifiuti Zero Sicilia, WWF Sicilia, AIC Sicilia e Comitato Beni Comuni e Pubblici Rodotà Sicilia e riguarda l’imminente scadenza dei termini, imposti dal Ministero dell’Ambiente alle Regioni e alle Province Autonome, per inviare informazioni sul fabbisogno di impianti per il trattamento dei rifiuti. Il dialogo tra governo centrale e territori si è aperto dopo la sentenza con cui il Tar del Lazio ha bocciato il piano inceneritori inserito nel decreto Sblocca Italia. Almeno due gli impianti previsti per la Sicilia.

«Quella sentenza è stata una tappa fondamentale, ha dato ragione a chi per anni ha ribadito che le soluzioni calate dall’alto e basate su una mappatura superficiale non vanno bene – dichiara Manuela Leone, presidente dell’associazione Rifiuti Zero Sicilia – Era stato proprio sulla base delle previsioni dello Sblocca Italia che la Sicilia si è vista imporre dai funzionari ministeriali la previsione di due inceneritori. Previsione tra l’altro sconfessata dal ministro Costa. Adesso, dunque, tocca al governo regionale fare la propria parte».

Entro mercoledì 25 novembre al ministero dovranno pervenire le stime dei flussi delle varie tipologie di rifiuti prodotte dalle regioni e la fotografia dell’impiantistica, quella attuale e quella che si ha in mente di realizzare. La raccolta dei dati servirà alla redazione del Piano rifiuti nazionale, che dovrà essere approvato entro il 2022.

«Auspichiamo che alle dichiarazioni a mezzo stampa e alle promesse seguano atti ufficiali», prosegue Leone. Il riferimento va alle recenti parole dell’assessore regionale ai Rifiuti Alberto Pierobon, che ha definito gli inceneritori «non una priorità». Al contempo preoccupano le dichiarazioni del presidente Nello Musumeci che, di recente, ha aperto la porta alla possibilità di costruire un termovalorizzatore (termine, peraltro, non presente nel glossario UE; in cui si parla sempre e comunque di incenerimento, che sia con o senza recupero energetico). «Il governatore dica chiaramente quale visione ha per la Sicilia del futuro. E lo stesso facciano tutte le parti politiche», è il monito delle associazioni.

Tra gli obiettivi che vanno perseguiti da subito c’è quello di rivedere l’approccio alla gestione dei rifiuti. «Il Piano nazionale – commenta Leone, riprendendo la linea sposata in tutta Italia dalle principali associazioni ambientaliste, tra cui Zero Waste Italy – può essere l’occasione giusta per ridefinire strategie che puntino a ridurre la produzioni dei rifiuti urbani, e questo viene prima della definizione delle capacità impiantistiche. Poi, vanno progressivamente massimizzate le prestazioni delle filiere del riciclo, minimizzando di conseguenza il ricorso alle opzioni di gestione del rifiuto urbano residuo (Rur). Altrimenti il rischio – sottolinea – è quello di ritrovarsi con uno schema simile allo Sblocca Italia».

Per le associazioni il redigendo Piano nazionale, e le indicazioni regionali su cui lo stesso poggerà, devono dunque rifuggire dalla formula riduttiva “100-65-10” con cui erroneamente alcuni indicano il calcolo di malintese “necessità di incenerimento”. Erroneamente poiché anzitutto il 65% è l’obiettivo minimo, non massimo di riciclo e perché l’incenerimento non è l’unica opzione di gestione del Rur né l’unica che ne consente la riduzione prima della immissione in discarica. «Chi finge di non saperlo – va avanti Leone – lo fa per interesse o per sciatteria, entrambi colposi vista l’importanza di decisioni che determinano il percorso futuro per la comunità regionale».

L’assunto è quello di sempre: «Prima di pensare allo smaltimento, bisogna puntare sulla differenziata e il riciclo. La soglia del 65% di recupero netto di materia, se si vuole, può essere abbondantemente superata. Ma serve la volontà di farlo. Musumeci e i suoi assessori dimostrino di avercela», è la richiesta delle associazioni. Che ricordano altri aspetti positivi che si avrebbero con una scelta coraggiosa: «La riconversione ecologica della Sicilia determinerebbe anche opportunità di sviluppo economico creando numerosi posti di lavoro».

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