La parata del Palermo Pride del prossimo 18 settembre non potrà svolgersi per le restrizioni dovute ai contagi da Covid19 in Sicilia a causa della zona gialla.
Situazione che “Impedisce al coordinamento Palermo Pride di ottenere le autorizzazioni per lo svolgimento del corteo dalla Questura”. Così gli organizzatori della manifestazione.

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“È con rassegnazione – aggiungono – che accettiamo questa decisione. Rileviamo però allo stesso tempo il differente trattamento che in tutta Italia è stato riservato a eventi e manifestazioni di diverso carattere, sapendo bene che ci sono stati svariati momenti in cui la volontà politica di chiudere un occhio ha prevalso sul rispetto delle restrizioni. Nel rispetto della comunità di persone – Lgbtqia+ e non – che decidono a ogni occasione di rinnovare la loro fiducia nel lavoro politico che cerchiamo di svolgere, abbiamo ritenuto di non poter assicurare in così poco tempo la riorganizzazione della parata in un evento stanziale. Chiediamo scusa a tutta la comunità che continua a restare, momentaneamente, privata del suo momento politico più rappresentativo per il secondo anno di fila”.

La nota del Palermo Pride conclude: “Non speriamo in questo modo di poter dare alla città il Pride che si merita, ma di fare quello che possiamo in una situazione che va al di là delle nostre possibilità pratiche e politiche. Nella convinzione che ne usciremo solo col contributo di tutte e tutti, ci stringiamo – metaforicamente – a voi tutte e tutti e vi aspettiamo per i prossimi eventi”.

La precisazione della polizia

Non tarda ad arrivare la precisazione dalla polizia che sottolinea come il motivo fondamentale per il diniego da parte della Questura dell’autorizzazione allo svolgimento della manifestazione si rifà alle norme contenute nel Dpcm del 2 marzo 2021. In sostanza, in zona gialla sono vietate tutte le manifestazioni in forma dinamica (come i cortei). Questi possono invece autorizzarsi nel passaggio alla zona bianca, pur mantenendosi l’applicazione delle misure precauzionali di distanziamento sociale.

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Fanno sapere, dunque, che “è scorretto dire che ‘la questura non autorizza’, in quanto, vietando la legge, nulla poteva autorizzare la questura”.

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