I capi mandamento di Resuttana e Tommaso Natale si incontravano e stabilivano le strategie per imporre il pizzo. Emerge dalle conversazioni intercettate nell’ambito dell’operazione antimafia di ieri della polizia che ha portato a 7 nuovi ordini di arresto per mafia nel mandamento di Resuttana a Palermo. Il faccia a faccia, seppur con modi e termini di estrema cautela per gli affiliati, avveniva tra Salvatore Genova di Resuttana e Michele Micalizzi di Tommaso Natale. A fare da tramite il titolare di un bar, Pino D’Amore, e Gateano Maniscalco, entrambi tra gli arrestati. Quel che viene fuori è un clima di violenza e assoggettamento.

Chi erano le vittime

Tra le vittime una socia di imprese di costruzioni, al cui operaio veniva detto in modo ambiguo: “Digli alla tua titolare che si cerca l’amico…”. Chiaro riferimento a trovarsi qualcuno che lo possa proteggere dai guai che stanno per arrivare. C’è poi un imprenditore che sarebbe stato picchiato perché a uno degli affiliati doveva pagare una buona parte di una fornitura di scarpe per circa 10 mila euro. Gli incontri tra i capi mandamento avvenivano in “modo segretissimo” e con tutte le possibili precauzioni. Addirittura non doveva esserci alcun t5elefono alò seguito, neanche spento. Ma evidentemente questo non è bastato.

La prosecuzione di una vecchia indagine

La polizia di Stato ha eseguito l’ordinanza cautelare in prosecuzione di quello dello scorso luglio aveva portato all’arresto di 18 persone. Era è emerso il ruolo di presunto capomafia di Salvatore Genova, affiancato dal braccio destro Sergio Giannusa. Oggi il nuovo blitz coordinato dalla Dda di Palermo, diretta da Maurizio de Lucia. I reati contestati sono associazione mafiosa, estorsione e rapina. Nel prosieguo delle indagini sono venuti fuori altri episodi estorsivi. Della famiglia mafiosa avrebbe fatto parte anche il proprietario di un esercizio commerciale della zona.

Gli arrestati

Gli arrestati su richiesta della Dda di Palermo Sergio Giannusa, Carlo Giannusa, Antonino Fontana, Gaetano Maniscalco, Mario Napoli e Giovanni Quartararo Giuseppe D’Amore. I poliziotti hanno anche ricostruito un episodio di violenza. Un imprenditore è stato picchiato per rubargli la macchina. Era un “pegno”, poiché ritenuto “colpevole” di aver maturato un debito nei confronti di uno degli indagati. Nel corso dell’operazione è stata rinvenuta “un’arma lunga” modello Scorpion con matricola abrasa a casa di uno degli arrestati.