Deve essere revocato il commissario liquidatore del consorzio agrario di Catania e Messina per le gravi inadempienze riscontrate e segnalate dal ricorrente relativamente alla violazione del principio di equità fra i creditori. Lo ha deciso di Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Sicilia con una sentenza che ribalta del tutto la decisione assunta dal Tar di Catania.

Accogliendo la tesi dei ricorrenti il Cga, Presidente Rosanna de Nictolis, estensore Antonino Caleca, ha riconosciuto l’inadempienza contestata  al commissario liquidatore del Consorzio agrario di Catania e Messina ed, intervenendo sulla mancata vigilanza da parte dell’assessorato regionale competente, ha disposto che l’organo vigilante proceda alla revoca del Commissario liquidatore condannandolo al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio.

in base ai fatto descritti i ricorrenti si rivolgevano al Cga per riformare la decisione dal Tar al quale avevano chiesto di intervenire sull’assessorato Regionale Agricoltura per l’omessa vigilanza sull’attività del Commissario liquidatore dl Consorzio Agrario di Catania e Messina, Domenico Mignemi, il quale, in base sempre al ricorso, in sede di esercizio provvisorio del Consorzio in liquidazione non aveva riportato in bilancio un credito già accertato vantato da Antonio e Simona Pavone. All’Assessorato avevano chiesto di revocare sia l’esercizio provvisorio che il mandato al Commissario.

Il Tar di Catania aveva dichiarato inammissibile il ricorso in parte perchè per la soddisfazione del credito sarebbe stato competente il giudice ordinario mentre a fronte del silenzio della Pubblica Amministrazione per il Tar è inesistente l’obbligo ad agire in autotutela da parte della stessa amministrazione vigilante.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa ha ribaltato questa decisione in quanto è vero che i ricorrenti non hanno chiesto di accertare e imporre la soddisfazione del credito ma di accertare la violazione dell’obbligo di vigilanza da parte dell’amministrazione, tema che è competenza del giudice amministrativo ma soprattutto ha stabilito che esiste un obbligo ad agire dell’amministrazione vigilante perchè “l’’obbligo a provvedere della pubblica amministrazione può essere desunto, oltre che da norme puntuali, anche dai principi generali” si legge in decisione ““In linea generale, l’obbligo di provvedere sulle istanze dei privati sussiste, oltre che nei casi espressamente previsti da una norma, anche in ipotesi ulteriori nelle quali si evidenzino specifiche ragioni di giustizia ed equità che impongano l’adozione di un provvedimento espresso ovvero tutte le volte in cui, in relazione al dovere di correttezza e di buona amministrazione della parte pubblica, sorga per il privato una legittima aspettativa a conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni (qualunque esse siano) dell’Amministrazione“  ha recentemente precisato al giurisprudenza(Cons. St, sez. VI 18 maggio 2020 n. 3120)

Nel caso specifico il dettato della norma che regola il settore, secondo la decisione, non lascia spazio a dubbi “a fronte del persistere dell’inattività con il dilatarsi a dismisura dei tempi di durata della procedura, la revoca del commissario e dell’esercizio provvisorio di impresa si atteggia non a revoca quale potere di autotutela, ma a revoca quale sanzione. La revoca sanzionatoria non è atto discrezionale ma deve qualificarsi come atto doveroso che trova fondamento, nel caso di specie, in una specifica norma (quella appena citata) che non può essere disapplicata. Ne consegue che nel caso specifico i privati hanno sollecitato l’esercizio di una attività doverosa (la revoca sanzionatoria) e non di una attività discrezionale incoercibile (l’autotutela), attività, la prima, in relazione alla quale sussiste un obbligo di provvedere”.

Di conseguenza il Cga “afferma l’illegittimità del silenzio inadempimento e ordina alla competente Autorità di vigilanza di provvedere in ordine alla diffida del 30 maggio 2018 nel termine di giorni 60 (sessanta), decorrenti dalla comunicazione della presente decisione.

Condanna parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio che determina in euro 2.000,00 (duemila) oltre spese accessorie per legge ed alla restituzione del contributo unificato. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa”.