Mentre la Sicilia sembra oramai destinata alla zona gialla, con le conseguenti restrizioni, le polemiche continuano a divampare. Questa volta ci pensa il deputato regionale del Partito Democratico, Giuseppe Lupo, a riaccendere lo scontro sulle colpe di questo dilagare dei contagi e punta il dito senza mezzi termini sul presidente della Regione Nello Musumeci: “La Sicilia, purtroppo, è a un passo dalla zona gialla – scrive Lupo su twitter e facebook – e Musumeci continua a dire che è solo colpa dei siciliani. Si chieda piuttosto perché la Sicilia è ‘maglia nera’ per vaccini e come mai, ad esempio, nell’isola non è ancora possibile vaccinarsi in farmacia!”.

I numeri sono da “zona gialla”

Sicilia, Sardegna e Calabria regioni in situazione critica per ospedalizzazioni, le Province autonome di Trento e Bolzano male per i contagi anche se non soffrono per i ricoveri. Esclusa la Sardegna, occupano gli ultimi quattro posti per copertura vaccinale. Questo il quadro delineato dal matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr). “La Sicilia, assieme alla soglia dei ricoveri ordinari (15%), oltrepassa anche quella del 10% delle terapie intensive ieri, martedì, giorno a cui fanno riferimento per le ospedalizzazioni il Cts nella riunione del venerdì. Quindi venerdì 20 agosto la Sicilia dovrebbe essere giudicata zona gialla, con entrata in vigore lunedì 23 agosto. I positivi hanno finito di frenare la crescita circa 15 giorni fa e ora crescono in modo lineare con un aumento tra la settimana scorsa e la precedente del 35% circa”, riferisce Sebastiani.

Rischio infezione teenager è sottovalutato

I giovani adulti potrebbero essere a più alto rischio di contrarre il Covid rispetto a quanto finora stimato. Lo indica una ricerca condotta da un team nella provincia canadese dell’Ontario cui ha partecipato l’università di Toronto, pubblicata su Annals of Internal Medicine. Le infezioni da Coronavirus nei più giovani, spiegano gli studiosi, non vengono per lo più rilevate e i ragazzi potrebbero essere veicoli di trasmissione per i meno giovani. “Quando le persone leggono i numeri della pandemia – spiega David Fisman dell’università di Toronto – qualche volta dimentichiamo che il numero di casi che registriamo dipende dal numero di test che facciamo. E la quantità di test è diversa tra le varie fasce di età”.

Il più alto rischio nella fascia compresa tra 20 e 49 anni

Utilizzando il database di tutti i test e le diagnosi eseguite in Ontario tra marzo e dicembre 2020, Fisman ha sviluppato modelli statistici per valutare se le differenze nei tassi di infezione tra le varie fasce di età fossero condizionate dalla frequenza dei test. Con i suddetti modelli, il rischio di infezione è risultato essere più basso nei bambini sotto i 10 anni e negli adulti over 80, paragonato con la popolazione complessiva. I tassi più alti di rischio infezione sono stati registrati negli adolescenti e nei giovani adulti (20-49 anni), in particolare se maschi. “Quello che vediamo nella pandemia – sottolinea Fisman – è una punta di un iceberg molto più grande. E la maggior parte di quell’iceberg è composto da giovani”.

Bimbi e neonati contagiano il 40% in più di adolescenti

I bambini più piccoli da 0 a 3 anni, pur non ammalandosi in maniera grave, hanno la una probabilità molto maggiore di trasmettere il Coronavirus ai propri familiari rispetto ai ragazzi tra i 14 e i 17 anni. Anche questo dice lo studio dell’Agenzia per la Salute Pubblica dell’Ontario condotto tra giugno e dicembre 2020, secondo cui neonati e bimbi fino a 3 anni sono risultati avere la più alta probabilità di contagiare la propria famiglia, pari al 43% in più (rapporto di probabilità 1.43) rispetto agli adolescenti. Pubblicato su Jama Pediatrics, lo studio è stato condotto su 6.280 famiglie dell’Ontario. Sono risultati avere un tasso di trasmissione del Covid-19 più alto di quella fascia di adolescenti anche i bambini tra i 4 e gli 8 anni  (il 40% in più) e tra quelli da 9 a 13 anni (13% in più).  Mentre il numero di casi pediatrici di Covid-19 aumenta in tutto il mondo, si spiega nella ricerca, il ruolo di trasmissione dei più piccoli continuerà ad essere sempre più importante. Se la fascia tra 0 e 3 anni sta facendo registrare i più alti tassi di trasmissione, bisogna considerare che le differenze di ciascun gruppo hanno implicazioni per la prevenzione delle infezioni all’interno delle famiglie e delle scuole, riducendo al minimo il rischio di trasmissione secondaria da parte delle famiglie. Alcuni studi, si legge sempre nella ricerca, hanno rilevato che i bambini più piccoli hanno maggiori possibilità di essere asintomatici, il che è stato spiegato come la causa di una bassa infettività (i casi di trasmissione secondaria del virus sono molto minori tra gli asintomatici rispetto ai sintomatici). Secondo la ricerca, una possibile spiegazione all’aumento di rischio di trasmissione del virus in famiglia del 40% nei bimbi tra 0 e 3 anni rispetto a quelli tra 14 e 17 anni, è che i bambini più piccoli non sono in grado di autoisolarsi dai loro caregiver quando sono malati.

 

 

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