Secondo uno studio di Bankitalia, le maggiori difficoltà di accesso a infrastrutture ospedaliere si riscontrano in Calabria, Sicilia e Sardegna, soprattutto se si tiene conto della qualità dei servizi offerti. In un’ottica di autonomia richiesta da alcune regioni del Nord dunque “mantenendo la distribuzione della spesa storica – dice la Banca centrale italiana – si cristallizzerebbero le disuguaglianze”. Un allarme rilanciato presidente dell’Omceo di Palermo Toti Amato, consigliere della Fnomceo, aprendo i lavori dell’ultimo di una serie di workshop su “Sanità e autonomia in Sicilia”.

Il Pnrr potrebbe aggravare la situazione

Secondo il numero uno dei medici siciliani, con l’autonomia sanitaria, “chi aveva meno avrà ancora meno, a vantaggio delle regioni storicamente più ricche di servizi e spesa pubblica“. Inoltre, senza riforme di sistema, di governance delle Regioni e investimenti per i professionisti, paradossalmente la Missione 6 del Pnrr potrebbe aggravare le disuguaglianze tra Nord e Sud.

Le proposte dei medici

I medici hanno preparato un documento di proposte sulle priorità inderogabili per la sanità siciliana da sottoporre ai decisori politici. Al centro del documento: il decongestionamento degli ospedali, che porta con sé liste di attesa interminabili, fuga dei medici dal Ssn e aggressioni ai sanitari; mobilità passiva dei pazienti, soprattutto oncologici, che preferiscono curarsi in altre regioni; lo stato dell’arte delle malattie neurodegenerative e delle malattie rare; burocrazia legata all’appropriatezza prescrittiva e alla spesa dei farmaci; One health.

Cosa non funziona del Piano

“In Sicilia – dice Amato – l’impatto della sanità vale 13,2 miliardi di euro, nell’ambito della missione 6 del Pnrr 800 milioni, destinati alle Case della comunità, digitalizzazione e sicurezza degli ospedali. Nessun investimento è previsto, qui come altrove, per medici e professionisti della salute. Il Piano sottolinea ripetutamente il concetto di ‘potenziamento’, come a figurare un sistema sanitario funzionante in tutte le regioni e che necessita solo di sviluppo digitale e tecnologico. Ignorare del tutto le risorse per i professionisti e la distanza occupazionale e strutturale tra Nord e Sud, che si ripercuote sul sistema salute, significa lasciare la Sicilia e le altre regioni del Sud a fanalino di coda dell’Italia”.

Nei prossimi anni mancheranno 90mila medici, 6 mila siciliani

“Questo scenario impone una chiamata alle armi dei medici e di tutte le professioni sanitarie perché solo con un lavoro di squadra possono arrivare i risultati e si può fermare la grande fuga dal Ssn per mancanza di attrattività. Nei prossimi 5 anni, tra dimissioni e pensionamenti, la Fnomceo ha stimato che potrebbero andare in pensione 41mila medici di famiglia e 50mila medici del Ssn. In quota parte, circa 6000 saranno siciliani”.

Un aiuto dalla Telemedicina

Sul fronte decongestionamento arriva in soccorso la telemedicina, in particolare la teleriabilitazione. “L’Agenas, che è il soggetto attuatore degli investimenti Pnrr in telemedicina, come il teleconsulto, la televisita e il telemonitoraggio, non ha ‘toccato’ la teleriabilitazione, probabilmente perché è la più difficile da realizzare” ha detto il referente regionale per la telemedicina Massimiliano Maisano, nonché relatore del gruppo di lavoro Omceo. “E’ una grande opportunità di autonomia, equità di cure e di inclusione sociale. Abbiamo fondi e competenze per essere un punto di riferimento extraregionale. Ma serve un cambiamento culturale nell’approccio ai servizi da remoto”.

Lavorare sulla comunicazione

Lo stesso sforzo culturale che si richiede anche in ambito farmaceutico, dove l’utilizzo dei farmaci equivalenti è bassissimo. “Bisogna lavorare sulla comunicazione e informare pazienti e professionisti che non esiste un problema di qualità sui farmaci equivalenti – ha detto il presidente dell’albo medici dell’Omceo Giovanni Merlino -. Il farmaco ‘griffato’ è una spesa in più per il malato e per l’intero sistema che potrebbe recuperare molte risorse da reinvestire in servizi”.

Attivare il fascicolo sanitario

In ambito oncologico, la via d’uscita dalle lunghe attese per l’ordinario di Oncologia medica Vincenzo Adamo, coordinatore della Rete oncologica siciliana (Reos) è “rendere realmente attivo il fascicolo sanitario perché il primo ‘momento di cura’ è il medico di famiglia. Negli ultimi 15 anni la Sicilia ha invertito rotta, registrando una mobilità attiva di pazienti che arrivano da altre regioni. Oggi abbiamo le competenze ma manca la governance del territorio”.

Un nuovo modello di welfare

Tema centrale quello della governance, ribadito anche dai relatori degli altri tre gruppi di lavoro: l’oncologo Salvatore Cottone e la genetista Maria Piccione, che hanno lavorato rispettivamente sulle malattie neurodegenerative e sulle malattie rare; e dai medici veterinari Pietro Schembri e Giorgia Schirò che hanno approfondito l’approccio One health per fronteggiare possibili future pandemie globali. Per tutti, la ricostruzione di un nuovo modello di welfare sanitario passa dalla forte collaborazione tra medici ospedalieri e del territorio, dai medici di famiglia e dei pediatri di libera scelta agli specialisti ambulatoriali.

I casi delle aggressioni, le proposte

Infine, il professore Alberto Firenze che ha presentato quattro proposte per disinnescare la violenza contro i sanitari: un percorso formativo teorico e pratico per gestire e prevenire le situazioni di rischio; un protocollo d’intesa tra l’ordine degli psicologi e l’assessorato regionale della Salute per la presa in carico del professionista che ha subito violenza, ma anche per il cosiddetto recupero della “seconda vittima” nell’ottica della patient safety; la creazione di un osservatorio regionale per monitorare le segnalazioni e attuare misure di prevenzione; il recepimento della raccomandazione ministeriale n.8 e l’adozione di un piano di prevenzione aziendale per fornire ulteriori elementi utili a prevenire e arginare le aggressioni.

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