E’ nascosto nelle pieghe delle norme finanziarie e in particolare del collegato ter alla finanziaria 2023, l’ultima di una serie di leggi per aggiustare in corsa i conti della sicilia in attesa che la Finanziaria 2024 veda la luce dando finalmente ordine e indirizzo a tutto. e’ la norma “salva ineleggibili” che attraverso una interpretazione autentica di una legge già esistente, scritta in modo comprensibile solo agli addetti ai lavori, cambia in corsa le regole del gioco elettorale
La norma salva deputati
A scoprire la norma fra le pieghe è La Sicilia che ne rende conto con un articolo a firma di Mario Barresi. Si tratta, in particolare, dell’articolo 4 del collegato ter recante “Interpretazione autentica”. Di cosa? Della legge elettorale regionale (peraltro nemmeno citata dal primo comma del maxi emendamento), la 29/1951, sulla disciplina delle cause di ineleggibilità dei deputati all’Ars. E in particolare la parte in cui si sbarra l’ingresso di Palazzo dei Normanni ad alcune categorie. Questa norma, secondo il testo che ha avuto il via libera in commissione Bilancio, deve essere interpretata “nel senso che l’ineleggibilità è volta a sanzionare coloro i quali esercitano le suindicate funzioni e/o poteri unicamente in istituti, enti, consorzi e agenzie che abbiano un rapporto di dipendenza con la Regione Siciliana e che, in conseguenza di esso, siano sottoposti alla tutela e al controllo dell’ente territoriale, non già un rapporto di mera tutela e vigilanza”.
Secondo comma dell’“interpretazione autentica” riguarda un altro aspetto: laddove, sempre nella legge regionale 29/51, le cause di ineleggibilità “non sono applicabili a coloro che per dimissioni, collocamento in aspettativa od altra causa siano effettivamente cessati dalle loro funzioni”, adesso “deve interpretarsi nel senso che la cessazione va intesa quale effettiva astensione da ogni atto inerente all’ufficio rivestito, senza alcun carattere di recettizietà”.
Si salvano quattro deputati
E dunque? Ci sono quattro deputati con giudizi in corso, continua la Sicilia. Il primo è il meloniano Dario Daidone, presidente della Commissione bilancio che ha votato la norma salva-seggi. Già dichiarato ineleggibile in primo grado, in quanto non si dimise in tempo utile dal cda di Irfis, su ricorso del primo dei non eletti in FdI a Catania, l’ex consigliere comunale Carmelo Nicotra.
Poi ci sono altri due colleghi di partito: Nicola Catania e Giuseppe Catania, uniti, oltre che dall’omonimia, dal medesimo destino giudiziario.Il quarto deputato regionale ‘sub iudice’ è il deluchiano Davide Vasta, nel frattempo diventato pure sindaco di Riposto, oggetto di due distinti ricorsi, perché non si sarebbe dimesso entro i termini dalla cooperativa Cot, vigilata dalla Regione di cui è pure fornitrice. A contendere il seggio è il primo dei non eletti nella lista Sud chiama Nord a Catania, Salvatore Giuffrida (noto alle cronache regionali per essere subentrato all’Ars dopo l’arresto di Fausto Fagone e la morte di Lino Leanza), ma soprattutto Santo Primavera, consigliere di Giarre, secondo dei non eletti, che ha vinto in primo grado su Vasta e conta di avere lo stesso risultato nel ricorso contro lo stesso Giuffrida, dirigente regionale che non avrebbe “eliminato in tempo la causa ostativa”.
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