Emanuele Scieri, il giovane allievo paracadutista della Folgore, originario di Siracusa, morto il 13 agosto 1999 nella caserma ‘Gamerra’ di Pisa, fu ucciso da tre caporali che, nell’intenzione di punirlo perché stava telefonando, lo percossero, lo costrinsero a salire su una torre da cui lo fecero cadere e lo lasciarono agonizzante a terra.
Ne è convinta – apprende l’Ansa – la procura militare di Roma, diretta da Marco De Paolis, che ha emesso un avviso di conclusione indagini per il reato di “violenza ad inferiore mediante omicidio pluriaggravato, in concorso”.
Da oltre vent’anni, i familiari di Emanuele Scieri, chiedono verità e giustizia.
Nel maggio del 2019, la salma di Emanuele Scieri era stata riesumata dopo la riapertura del caso.
All’Istituto di medicina legale di Milano, Cristina Cattaneo, direttrice del laboratorio di antropologia e odontologia forense Labanof, alla presenza di Antonella Lazzaro, patologa, nominata dalla famiglia, aveva proceduto ai rilievi fotografici. Venne effettuata anche una tac ed alcuni prelievi.
La Procura toscana, nel 2017, ha riaperto l’inchiesta sul decesso e ha indagato per concorso in omicidio tre ex commilitoni. Gli inquirenti decisero di riaprire il caso dopo i nuovi elementi scoperti dalla commissione parlamentare d’inchiesta che, ricostruendo le ultime ore di vita del siracusano, fecero emergere incongruenze e responsabilità all’interno della caserma.
I tre indagati, si legge nel provvedimento della procura generale militare di Roma (il pg Marco De Paolis, lo scorso autunno, aveva deciso di avocare a sé l’inchiesta), “agendo in concorso tra loro e per cause non estranee al servizio e alla disciplina militare, cagionavano con crudeltà la morte dell’inferiore in grado Allievo-paracadutista Emanuele Scieri” e ciò con le “aggravanti del grado rivestito, dell’aver agito con crudeltà e profittando dell’orario notturno”, “trasgredendo più volte il Regolamento di disciplina militare che erano tenuti ad osservare”, nonchè “qualificandosi, nei confronti dell’allievo-paracadutista, come suoi superiori in grado, effettivi allo stesso reparto di addestramento reclute ed esercitando, con abuso di autorità e modalità illecite, i doveri del superiore”.
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