Ha chiesto al gup di Catania l’assoluzione per Pasqualino Mazzarella e Vito Fiorino, siracusani, con precedenti penali, accusati dell’omicidio di Gaetano Zappulla, ammazzato a colpi di pistola il 3 settembre del 2002 mentre si trovava in una sala giochi, in piazza Adda, a Siracusa. Il legale degli imputati, Antonio Lo Iacono (l’altro difensore è Sebastiano Troia), nel corso della sua arringa, ha contestato la ricostruzione del pm della Dda di Catania, che, nella sua requisitoria, ha sollecitato una pena a 30 anni di carcere ciascuno.
Sono stati i collaboratori di giustizia ad alzare il velo sull’assassinio di Gaetano Zappulla, che, poco prima di quella spedizione punitiva, fu arrestato in quanto accusato dell’omicidio di Gaetano Steven Barbieri, freddato nei primi di luglio del 2002 in via Immordini, durante una partita a calcio balilla. Il Riesame, qualche giorno dopo, dispose la scarcerazione di Zappulla, salvo poi essere ammazzato il mese successivo.
La difesa degli imputati ha portato all’attenzione del gup degli elementi importanti, tra cui la testimonianza di 4 persone, il titolare dell’attività dove è avvenuta l’esecuzione e 3 clienti del locale, che avrebbero visto una sola persona sparare contro la vittima così come avrebbero pure escluso la presenza di un palo, come, invece, riferito dai pentiti.
Ma il collegio dei due imputati conta parecchio su un altro aspetto, la perizia del medico legale che, sulla scorta delle ferite della vittima, avrebbe definito l’altezza del killer, praticamente identica a quella di Gaetano Zappulla, ben al di sotto del metro ed ottanta centimetri. Un’altezza che sarebbe stata confermata dai testimoni dell’omicidio. “Ma i miei clienti sono molto più alti: 1 metro ed 84 uno, ed 1 metro e 92 l’altro” spiega a BlogSicilia l’avvocato Antonio Lo Iacono. Il gup di Catania, a tal proposito, ha chiesto al difensore di portare in aula nella prossima udienza, i documenti degli imputati per verificare la loro altezza.
Mazzarella e Fiorino sono personaggi piuttosto noti alle forze dell’ordine, il primo, indicato come un esponente di spicco del clan Bottaro-Attanasio e condannato in Appello per il delitto di Liberante Romano, ammazzato e poi dato alle fiamme il 25 maggio del 2002 nell’ambito di un regolamento di conti all’interno della cosca. Il secondo fu, in un primo momento, coinvolto in questa vicenda salvo poi uscirne senza conseguenze giudiziarie.
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