Ha il fratello che era stato indagato per associazione mafiosa assolto alla fine del processo. Ha chiesto il porto d’armi ma la prefettura glielo aveva negato.

Il tar di Palermo ha condannato la prefettura di Agrigento che non si era pronunciata sul divieto del porto d’armi,  Adesso l’organo governativo sarà chiamato a pronunciarsi e a revocare quel divieto a suo tempo imposto. Un provvedimento che nel frattempo è stato superato dagli eventi. Nonostante tutto la prefettura rimase in “silenzio”, adesso dovrà pagare le spese di giudizio e pronunciarsi.

Gli inizio della vicenda

La vicenda parte quando la prefettura di Agrigento, diversi anni fa, adottava un provvedimento di divieto di detenzione armi e munizioni. Lo fece nei confronti di A.A. di Castrofilippo, nell’Agrigentino, già titolare di porto d’armi per uso caccia. Tale provvedimento veniva adottato sulla scorta di un legame di parentela potenzialmente “pericoloso”. Infatti A.A. era fratello di un uomo all’epoca imputato in un procedimento penale per il reato di mafia. Ma a conclusione di quel processo l’imputato venne assolto e ne prese anche atto la prefettura. Tanto che a quell’imputato venne revocato l’informativa antimafia disposta a carico della sua impresa.

Il ricorso

Di conseguenza A.A. aveva chiesto alla prefettura di Agrigento la revoca del divieto di detenzione di armi e munizioni. Quel provvedimento gli impediva di rinnovare il porto d’armi per uso caccia. Tuttavia, la prefettura di Agrigento rimaneva in silenzio sulla richiesta di revoca del divieto. A.A. si rivolgeva, così, agli avvocati Girolamo Rubino e Daniele Piazza per ottenere il riscontro sperato da parte della prefettura di Agrigento. I legali hanno quindi proposto un ricorso per accertare l’illegittimità del silenzio della prefettura, anche alla luce delle nuove circostanze del caso.

La condanna

Gli avvocati Rubino e Piazza hanno osservato come non sussistessero più gli elementi fondanti il divieto di detenzioni di armi e munizioni. E questo per effetto dell’assoluzione del fratello del ricorrente. Tanto che la stessa prefettura aveva già revocato l’interdittiva antimafia adottata sulla base delle stesse circostanze. Il Tar di Palermo, condividendo le argomentazioni difensive, ha accolto il ricorso e dichiarato l’illegittimità del silenzio della prefettura di Agrigento. Lo stesso tribunale amministrativo ha condannato la prefettura al pagamento delle spese di giudizio e a pronunciarsi sull’istanza di A.A.

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