La Procura di Agrigento ha negato il nulla-osta all’allontanamento dall’Italia di Carola Rackete fino al 9 luglio, giorno in cui la comandante della Sea Watch sarà interrogata dai pm che la indagano per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Il provvedimento di allontanamento emesso ieri dal prefetto di Agrigento dovrà essere comunque convalidato dalla sezione specializzata del tribunale civile di Palermo, ma non sarà eseguibile fino a quando non arriverà il nulla-osta della Procura.

Il prefetto di Agrigento Dario Caputo, che per tutta la serata di ieri è stato in contatto diretto col Viminale, ha firmato, a tarda ora, il provvedimento di allontanamento dall’Italia di Carola Rackete, rimessa in libertà ieri sera dopo che il Gip Alessandra Vella non ha convalidato l’arresto. La decisione è stata presa dopo avere approfondito i profili amministrativi della vicenda.

Intanto l’arrivo in nottata al porto di Licata (Ag) della nave Sea Watch3, sotto sequestro probatorio da parte della Procura di Agrigento, è stato accompagnato da un capannello di persone con alcuni striscioni a sostegno della Ong e l’appello “Restiamo umani”.

I manifestanti hanno inscenato un sit-in di solidarietà “per la capitana Carola, contro gli insulti sessisti che ha ricevuto”.

La nave della Ong tedesca resta sotto sequestro. Verranno eseguiti accertamenti e investigazioni, da parte della Guardia di finanza e della Procura di Agrigento, nell’ambito del primo fascicolo d’inchiesta aperto: quello in cui si ipotizza il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e nel quale è iscritta la comandante Carola Rackete.

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E’ di 13 pagine l’ordinanza con cui il gip di Agrigento Alessandra Vella ha rigettato ieri la richiesta di convalida dell’arresto della comandante della imbarcazione.

La giovane capitana, con i 42 migranti soccorsi nei giorni scorsi, non si è fermata all’alt della Finanza e venerdì notte ha forzato il blocco dirigendosi verso la banchina del porto di Lampedusa e speronando la motovedetta delle Fiamme Gialle. Il gip ha intanto negato la sussistenza del reato di resistenza a nave da guerra, previsto dall’articolo 1100 del codice della navigazione, ritenendo che “le motovedette della Finanza sono considerate navi da guerra solo quando operano fuori dalle acque territoriali ovvero in porti esteri ove non vi sia una autorità consolare”, mentre la motovedetta speronata operava nel porto di Lampedusa.

Per l’accusa di resistenza a pubblico ufficiale, poi, il giudice ha sostenuto che dal video esaminato “il fatto risulta molto ridimensionato nella sua portata offensiva” e che comunque il “reato risulta scriminato per avere l’indagata agito in adempimento di un dovere”.

Per il gip l’attività di soccorso in mare della Sea Watch, infatti, “deve considerarsi adempimento degli obblighi di una serie di normative internazionali e italiane” che in dettaglio il provvedimento cita.

La decisione assunta dal comandante di Sea Watch risulta conforme alle raccomandazioni del commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e a recenti pronunciamenti giurisprudenziali”, spiega il magistrato riferendosi alla decisione della Rackete di dirigersi coi migranti salvati verso Lampedusa e non verso Malta o la Tunisia.

“I porti di Malta venivano esclusi perché più distanti e quelli tunisini perché, secondo la sua stessa valutazione, ‘in Tunisia non ci sono porti sicuri’”, ricorda il gip condividendo le valutazioni fatte dalla comandante in accordo coi suoi legali.

“Malta – ricorda a conferma il magistrato – non ha accettato le previsioni che derivano dalle modifiche alla convenzione Sar del 2004”. “Ritiene questo giudice – prosegue il provvedimento – che nessuna idoneità a comprimere gli obblighi gravanti sul capitano della Sea Watch3, oltre che delle autorità nazionali, potevano rivestire le direttive ministeriali in materia di ‘porti chiusi’ o il provvedimento del ministro degli Interni di concerto con il ministero della Difesa e delle Infrastrutture che faceva divieto di ingresso, transito e sosta alla nave, nel mare nazionale, trattandosi peraltro solo di divieto sanzionato da sanzione amministrativa”.

L’attracco da parte della Sea Watch alla banchina del porto di Lampedusa, che, si ribadisce, era già da due giorni in acque territoriali, – conclude – appare conforme al testo unico sull’immigrazione nella parte in cui fa obbligo al capitano e alle autorità nazionali indistintamente si prestare soccorso e prima assistenza allo straniero rintracciato in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera”.

“Carola mi ha detto sorridendo: ‘Forse è il caso di emigrare in Australia e tornare ad occuparmi degli albatros‘. In questi giorni ha usato del tempo per fare mente locale e fornire una deposizione chiara dei fatti. Carola ha rivolto rassicurazioni e saluti all’equipaggio, ringraziando i suoi legali”. Lo ha detto Giorgia Linardi, rappresentante di Sea Watch che ha aggiunto: “Se Salvini salisse sulla nostra nave e non tendesse la mano ai naufraghi che stanno per annegare, sarebbe un mostro“. E ancora: “Il ministro ci insulta dalla mattina alla sera, siamo stanchi”..

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