Antonello Montante non gestiva potere, ma lo creava” servendosi anche di “accessi abusivi al sistema informatico, riuscendo a “ottenere mediante sistematiche azioni di corruzione, notizie segrete” su “indagini” o sul contenuto “della banche dati della polizia” e “utilizzava il potere conquistato negli Enti pubblici e privati quale bacino per collocare i clientes” come “moneta di pagamento per i favori illeciti che questi gli rendevano”. Così il Gup di Caltanissetta Graziella Luparello nelle 1.724 pagine delle motivazione della sentenza con cui ha condannato a 14 anni di reclusione l’ex leader di Confindustria Sicilia.

“La sistemazione lavorativa o il trasferimento del pubblico ufficiale di turno, o di parenti o amici di questi – spiega il Gup – era la valuta spesa da Montante per remunerare i sodali; una sorta di ripartizione degli utili prodotti da un’impresa che, con modalità illecite, creava e gestiva il potere. Infine – scrive ancora il Gup – Montante era colui al quale va doverosamente riconosciuto il diritto d’autore sulla nascita dell’‘Antimafia confindustriale’ quale forma di ‘business’ utile a garantire un posto ai tavoli che contano”.

L’antimafia confindustriale grazie alla complicità e alla connivenza di soggetti istituzionali” era “un laboratorio nel creare e distribuire posti di potere, in cambio del pronismo dei pubblici ufficiali” che avevano “esiti di adorazione messianica collettiva” nei confronti di Antonello Montante.  “La presunta attività di contrasto alla criminalità organizzata – scrive il Gup – tanto agitata dalla difesa di Montante, si limitava all’azione di denuncia condotta da pochi elementi (tra i quali Cicero) che, con una sorta di involontario ‘naif’ comportamentale e senza raffinati filtri critici, si immergeva in azioni di contrasto contro soggetti, alcuni dei quali, si scoprirà essere stati oggetto di attenzione dossieristica da parte di Montante. Dunque – osserva il Gup – non regge affatto la tesi per cui Montante, lungi dall’essere il vertice del sodalizio criminale, era il paladino dell’Antimafia”.

“Antonello Montante è il demiurgo non già del linguaggio dell’antimafia, ma dell’antimafia del linguaggio che autoinsignitosi ‘paladino dell’antimafia’, ha esteso l’etichetta ai suoi amici e sodali, dichiarando mafiosi i suoi avversari, in difetto di qualsiasi prova di mafiosita” sottolinea il Gup.

Secondo il Gup si e’ ‘assistito a un ‘golpe’ linguistico’ con la parola ‘mafia diventata il luogo nominale nel quale confinare tutti gli eretici alla religione di Montante, volta alla costruzione di un sistema di potere formalmente corale, ma sostanzialmente egocatrico’ mentre la parola ‘antimafia era il santuario degli osservanti morigerati del pensiero di Montante’ per assicurarsi ‘ascesa sociale e occupazione di posti di potere’.

Il Gup descrive l’ex leader di Confindustria Sicilia come “il motore di un meccanismo perverso di conquista e gestione occulta del potere che – osserva il Gup – sotto le insegne di un’antimafia iconografica ha sostanzialmente occupato mediante la corruzione sistematica e le raffinate operazioni di ‘dossieraggio’ molte delle istituzioni pubbliche dando vita a un fenomeno che non e’ mafia bianca, ma trasparente, apparentemente priva di consistenza tattile e visiva e percio’ – scrive il Gup – in grado di infiltrarsi eludendo la resistenza delle comuni misure anticorpali”.

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