- Il direttore del carcere di Pianosa dal dicembre ’93 ad agosto ’94 smentisce Scarantino
- “Mangiava regolarmente e non ho mai ricevuto alcuna denuncia per maltrattamenti o qualità del cibo”
- La poliziotta Rita Loche “Vincenzo Scarantino era sempre nervoso, impaziente e infastidito”
Prosegue a Caltanissetta il processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio nella quale furono uccisi il magistrato Paolo Borsellino ed a cinque agenti di scorta.
Vittorio Cerri, direttore del carcere di Pianosa dal dicembre del 1993 ad agosto del 1994, deponendo come teste al procedimento che si sta celebrando nell’aula bunker del carcere nisseno, ha smentito le precedenti dichiarazioni di Scarantino.
Imputati del processo sono tre poliziotti accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa Nostra. Secondo l’accusa avrebbero costretto Scarantino a rendere false dichiarazioni.
Cerri “Non ho mai ricevuto alcuna denuncia per maltrattamenti”
“Vincenzo Scarantino – sottolinea Vittorio Cerri – mangiava regolarmente e non ho mai ricevuto alcuna denuncia per maltrattamenti o per la qualità del cibo”.
Ha poi sottolineato rispondendo all’avvocato Giuseppe Panepinto, legale del funzionario di polizia Mario Bo accusato di calunnia aggravata: “Escludo assolutamente che possano essere stati messi dei vermi nel cibo di Scarantino. Il cibo a lui destinato veniva prelevato dalla cucina e gli veniva portato da persone di mia fiducia. Questo succedeva per tutti i detenuti segnalati dal ministero”.
Il riferimento è alle affermazioni di Vincenzo Scarantino che, nelle scorse udienze, aveva affermato di essere stato vittima di soprusi all’interno del carcere di Pianosa e che gli avrebbero urinato nella minestra dove a volte venivano messi anche dei vermi.
Affermazioni assolutamente smentite da Cerri. L’ex direttore del super-carcere ha anche affermato di aver visto l’allora capo della Mobile di Palermo, Arnaldo La Barbera due-tre volte a Pianosa. In una di queste occasioni c’era anche l’ex pm Ilda Boccassini e che tutto veniva annotato in un registro. “C’era – ha spiegato – un’apposita sala dove si svolgevano i colloqui”. La prossima udienza è fissata per il 28 giugno.
Loche “Scarantino sempre nervoso, voleva fuggire”
L’ex direttore del carcere di Pianosa non è stato l’unico teste dell’udienza di giornata. A deporre anche la poliziotta Rita Loche. “Vincenzo Scarantino era sempre nervoso, impaziente e infastidito – ha spiegato – Anche i suoi figli, ancora bambini, avevano difficoltà ad avvicinarsi a lui. A un certo punto voleva fuggire dal residence di Jesolo dove era stato portato nell’agosto del 1994”.
Nel 1992 la teste era in servizio alla squadra Mobile di Palermo e faceva parte del gruppo Falcone-Borsellino, costituito proprio per far luce sulle due stragi. Dal 12 al 25 agosto del ’94 si occupò del falso pentito Vincenzo Scarantino, portato in località protetta a Jesolo insieme alla sua famiglia.
“Scarantino – ha continuato la testimone rispondendo alle domande dell’avvocato Giuseppe Panepinto – si esprimeva poco e male in italiano, parlava in dialetto siciliano. Ad un mio collega riferì che era stato a Pianosa, gli disse che si era trovato male e ne parlava come un periodo di sofferenza. A Jesolo non ho mai visto un magistrato né un funzionario del gruppo Falcone Borsellino. Mi occupavo prevalentemente delle esigenze della moglie e dei bambini”.
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