Lottare ogni giorno in prima linea contro il Covid19, con fermezza e determinazione. Prestare le cure ai pazienti che hanno contratto il virus, sperare, insieme a loro, che possano tornare a casa nel più breve tempo possibile. Una scelta professionale ma anche di vita, quella della 34enne D.C, medico specializzando in Medicina Interna in servizio al reparto Covid19 del Policlinico di Messina, città che è stata zona rossa dall’11 al 31 gennaio. Oggi vi raccontiamo la sua storia.

Il reparto Covid19

“Sono arrivata al reparto Covid il 13 gennaio di quest’anno – esordisce D.C -, quindi non ho assistito all’emergenza sanitaria della prima ondata del 2020. Ho chiesto io di lavorare in questo reparto. Credo sia importante come esperienza. Il mio contratto ha una durata di sei mesi. Poi si vedrà. Attualmente su 29 posti letto disponibili abbiamo 10 ricoverati. E’ un dato positivo. A Messina i ricoveri sono calati e riguardano quasi tutti pazienti anziani con altre patologie. Però guardiamo con apprensione al periodo post pasquale. Il boom di contagi, infatti, è stato registrato dopo le feste natalizie, perché le regole anti-contagio non sono state rispettate. Sono stati gli stessi pazienti a confermarlo, avevano trascorso le festività con amici e parenti. Speriamo che non si verifichi la stessa situazione a Pasqua. Richiamo tutti alla massima prudenza”.

La paura

Quelle di medici e operatori sanitari ‘bardati’ con gli adeguati dispositivi di protezione sono immagini che ormai conosciamo. Ma non hanno paura di contrarre il virus? D.C risponde serena: “Ormai non ho più paura. Certo, quando ho comunicato in famiglia che avrei lavorato al reparto Covid nessuno era d’accordo con la mia scelta.
Il reparto nel quale lavoro è ben organizzato, abbiamo tutto quello che ci serve per evitare di contrarre il virus. Lo scorso anno, in pieno lockdown, lavoravo a Medicina Interna. Lì la situazione era addirittura più complicata: ci sono stati giorni in cui mancavano i dispositivi di protezione, quando ancora, in tutti gli ospedali, si cercava di capire come e cosa fare. Per nove giorni il reparto ha dovuto chiudere, c’erano positivi sia tra il personale che i pazienti. Adesso, per fortuna, la situazione è cambiata”.

In prima linea

La quotidianità di chi lavora in un reparto Covid19 è difficile e fatta di gesti diventati ormai quasi una ritualità. D.C. ci parla del momento più delicato, quello della svestizione a fine turno.
“Bisogna prestare la massima attenzione – racconta – e fare tutto in maniera metodica, senza commettere errori. I primi giorni, certo, avevo paura di sbagliare. Adesso so bene come comportarmi. Indossiamo tre paia di guanti che bisogna disinfettare ad ogni passaggio. Iniziamo sfilando il primo, stando attenti a non contaminare i guanti che stanno sotto. Poi leviamo la visiera o l’elmetto, poi la tuta, ovviamente toccando sempre tutto dall’esterno, infine la cuffietta e i calzari. Cerchiamo di fare tutto meticolosamente, sperando di non essere contagiati. Non porto più l’orologio o i bracciali, bisogna evitare ogni forma di contaminazione”.

L’isolamento e le speranze dei malati

Sarà la seconda Pasqua con il Covid19. D.C. in questi mesi ha conosciuto molti pazienti. Come sarà la Pasqua dei ricoverati? “Qui – dice – nessuno parla di festività. Certo, i pazienti vorrebbero essere a casa loro, ma l’obiettivo di tutti è guarire e superare il Covid19. E’ questa è la priorità anche di noi medici. Abbiamo assistito a tanti decessi. E’ vero che di Covid19 si muore soli. I deceduti vengono ‘sigillati’ nella bara. La salma restituita ai pazienti solo per i funerali. E’ una malattia terribile. In reparto cerchiamo di dare affetto e umanità. Ognuno ha la sua storia e spesso la vuole condividere. Recentemente abbiamo avuto, per due settimane, un ragazzino guineano sbarcato a Lampedusa. Fuggito da un centro di accoglienza di Caltanissetta, è arrivato a Messina a piedi, stremato di fame e di sete. Sottoposto al tampone è risultato positivo. Non dimenticherò mai i suoi occhi. La sua solitudine. Lo abbiamo aiutato e circondato di amore. Adesso si trova in una struttura per minori di Messina, spero che la sua vita possa prendere la piega giusta”.

L’appello per Pasqua: “Restate a casa”

“Considerato quanto è accaduto dopo Natale – vuole puntualizzare D.C.  che sarà in servizio anche nella notte di Pasqua – vorrei dire a tutti di restare a casa. Ne vale della nostra vita. Dobbiamo tutelare la salute di tutti. La campagna vaccinale va avanti e io sono molto speranzosa: forse tra qualche mese potremo essere più liberi ma è questo il momento di fare qualche sacrificio. Rispettate le regole”.

Lo scandalo dei dati falsati sul Covid

Intanto è scoppiato lo scandalo dei dati falsati sul Covid. Da medico D.C. è indignata. “E’ una vergogna – tuona – mascherando i dati probabilmente si è agevolata la diffusione del virus. Questo non doveva accadere”.

I timori riguardanti il vaccino AstraZeneca

I casi di decessi sospetti dopo la somministrazione del vaccino Astrazeneca hanno alimentato i timori dei siciliani nei confronti delle inoculazioni. A tal proposito D.C vuole rassicurare: “Bisogna avere fiducia nella scienza e nella campagna vaccinale. Ogni farmaco può avere effetti collaterali, così come anche i vaccini. Possono accadere “eventi avversi” che vanno segnalati ed approfonditi ma senza creare troppa enfasi. Invito tutti a vaccinarsi, è l’unica speranza per uscire da questo incubo”.

(foto di repertorio)