Condanna per il boss della Kalsa e per altri 3 fedelissimi in cassazione. Per tutti è arrivata “l’attesa” conferma della pena. Lo sapeva soprattutto “’u scintilluni” che infatti aveva preparato la sua fuga ma è stata sventata dai carabinieri la scorsa settimana.
Il verdetto quasi scontato
Trent’anni di carcere per i quattro esponenti della mafia ritenuta vicina alle famiglie di Porta Nuova e Bagheria. Tra loro figura proprio Salvatore Lauricella, arrestato la settimana scorsa perché stava preparando la fuga. Era consapevole che a breve sarebbe arrivato il definitivo pronunciamento ed evidentemente sentiva già ilo rumore delle manette.
Le condanne
A Lauricella sono stati inflitti 7 anni. Altri 13 anni e mezzo invece per Nicolò testa, che ha avuto confermata la pena più alta. Figurano poi Girolamo Ciresi con i suoi 12 anni e Franco Bertolino che ha avuto 5 anni.
La fuga oramai preparata
Stava preparando la fuga e così i carabinieri dopo la festa di liberazione hanno fatto scattare il blitz di fretta e furia dando vita all’operazione “Luce”. E’ quanto accaduto nei giorni scorsi con il nuovo colpo alla famiglia mafiosa di Villabate, già pesantemente colpita dalle dichiarazione Francesco Colletti, capomafia del centro alle porte di Palermo. Ha iniziato la sua collaborazione dopo essere stato arrestato nell’operazione “Cupola 2.0”.
Provvedimento d’urgenza
I militari del nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale di Palermo hanno eseguito questi quattro fermi. Provvedimento disposto d’urgenza dalla locale Direzione distrettuale antimafia, diretta dal procuratore Maurizio de Lucia. Le accuse sono a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsione. In questi anni i componenti della famiglia mafiosa hanno tentato un riassetto con l’azione di alcuni esponenti che erano tornati in libertà dopo aver scontato le pene per condanne definitive. Fermati Francesco Terranova, Salvatore Lauricella, Giovanni La Rosa e Vito Traina.
Lo sviluppo delle indagini
Le indagini sono partite da alcune estorsioni nei confronti di imprenditori locali. Richieste di pizzo che servivano a soddisfare le esigenze di sostentamento degli affiliati, soprattutto di quelli reclusi. I militari hanno documentato una strategia di riconquista del consenso della popolazione con una “pacificazione” con gli operatori imprenditoriali e commerciali economicamente più fragili. In pratica veniva assicurata la limitazione della criminalità predatoria indiscriminata. Nel contempo vi era anche il controllo dello smercio al dettaglio di stupefacenti nel territorio di Villabate.
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