E’ stata sentita per due ore e mezzo dai magistrati la deputata di Italia viva Giusy Occhionero, convocata dalla Dda di Palermo che, ieri, ha fermato con l’accusa di associazione mafiosa Antonello Nicosia, collaboratore parlamentare della donna. Secondo indiscrezioni, la Occhionero, sentita come persona informata sui fatti, sarebbe stata molto provata. Uscendo dalla stanza della Pm Francesca Dessì, la parlamentare ha detto: “Ho detto tutto quello che c’era da dire”. Oltre che la Dessì, l’interrogatorio è stato condotto dall’aggiunto Paolo Guido e dal pm Geri Ferrara.

“Ho sbagliato. Ho sbagliato tutto. Mi sono fidata di lui”.  “Mi era stato presentato dai Radicali, veniva dal mondo dell’associazionismo, si diceva difensore dei diritti dei detenuti”, ha aggiunto.

“L’ho conosciuto così e poi, anche in virtù del rapporto personale che si era creato, mi sono fidata ciecamente”, ha detto ai pm Francesca Dessì, Gerry Ferrara e all’aggiunto Paolo Guido. Ai magistrati che le chiedevano come abbia potuto assumere come collaboratore un uomo che aveva avuto una condanna a 10 anni per traffico di droga, Occhionero ha risposto: “Alla Camera non c’è alcun controllo, perché avrei dovuto fare controlli io?”. La deputata a un certo punto, insospettita, avrebbe cominciato a dubitare del curriculum di Nicosia, sedicente insegnante di storia della mafia negli Usa, e i rapporti tra i due si sarebbero rovinati. L’ex collaboratore, oltre a progettare estorsioni e omicidi col capomafia di Sciacca Accursio Dimino, approfittava del suo ruolo per entrare nelle carceri di massima sicurezza e incontrare boss mafiosi detenuti veicolando all’esterno informazioni sugli istituti di pena, interessandosi a vicende personali di capimafia come Filippo Guttadauro, cognato del boss Matteo Messina Denaro, e informandosi su eventuali intenzioni dei mafiosi di collaborare con la giustizia.

Nicosia, secondo l’accusa, sarebbe entrato nelle carceri insieme alla Occhionero per incontrare i capimafia detenuti e portare all’esterno i loro messaggi.