Dodici richieste al governo regionale, altrettante a quello nazionale. Obiettivo: “risalire la china, perché le imprese e i lavoratori siciliani rischiano quattro volte di più che nel resto d’Italia. Tanto più ora, nel post lockdown”. Così Sebastiano Cappuccio, segretario della Cisl regionale, che nel pomeriggio ha aperto il webinar del sindacato sul futuro dell’economia e della società dell’Isola.
Le prospettive, ha spiegato Cappuccio, non sono affatto rosee e serve una svolta da qui a fine anno sul doppio fronte, regionale e nazionale: “se per il Pil italiano la previsione varia da -8 a -12% e Confcommercio si spinge fino a -17%, è probabile che la Sicilia chiuda l’anno col meno 20%”. In un contesto nel quale, ha puntualizzato il segretario, il numero dei Comuni in dissesto è salito a 39, l’Isola conta il 25% delle incompiute d’Italia, il 20% delle persone qui vive in famiglie in cui manca un reddito da lavoro. Ancora, il reddito del 47% dei nuclei familiari arriva solo da rapporti a tempo determinato “oltreché da quegli autentici ammortizzatori sociali che sono nonni e nonne”. Per di più, dopo tredici anni ininterrotti di crisi seguiti dal disastro Covid, l’Isola rischia, da qui a fine anno, di perdere altri 150 mila posti di lavoro.
Ecco perché, ha insistito Cappuccio, “c’è bisogno di un patto sociale e per il lavoro modello ponte Morandi, che lanci politiche condivise”: per lo sviluppo, la modernizzazione della Regione, la sua sburocratizzazione che passa dallo snellimento normativo, dell’organizzazione e delle procedure.~“Noi siamo disponibili al confronto”, ha ripetuto il segretario. Ma “serve un tavolo permanente tra istituzioni e parti sociali per concordare assieme obiettivi, tempi, risorse e priorità degli investimenti”. Insomma, le coordinate di un “piano di ricostruzione ed efficienza” che secondo la Cisl dovrà avere al centro, sul doppio fronte regionale e nazionale: infrastrutture, lavoro, salute e medicina del territorio, welfare, ambiente, agroalimentare, pubblica amministrazione, edilizia, industria, turismo e beni culturali. E a proposito del turismo, che sta pagando uno dei prezzi più alti della crisi da Covid, per il sindacato “va dato rapidamente corpo alle Zone economiche speciali pensando all’istituzione di Zes specializzate anche per i distretti turistico-culturali”. Inoltre, va rapidamente attuata la norma che stabilisce che al Sud sia destinato il 34% della quota degli investimenti nazionali in opere pubbliche. E riguardo alla leva fiscale, “c’è bisogno della mobilitazione di tutti, Regione, istituzioni e parti sociali – ha insistito Cappuccio – affinché alla Sicilia sia riconosciuta una fiscalità compensativa che possa attrarre dall’esterno nuovi investimenti”. Sul punto, il segretario ha osservato che la Regione può pure far leva sulle proprie prerogative statutarie.
Al webinar hanno preso parte: il presidente della Regione Nello Musumeci, il ministro per il Sud e la coesione territoriale Giuseppe Provenzano, la ministra del Lavoro e delle politiche sociali Nunzia Catalfo, il direttore dello Svimez Luca Bianchi, il vicepresidente vicario di Sicindustria Alessandro Albanese, la presidente dell’associazione Famiglie in Rete Cisl, Rosetta Raso. Sono intervenuti i vertici di Cgil e Uil Sicilia, Alfio Mannino e Claudio Barone. Ha concluso il segretario generale aggiunto del sindacato Gigi Sbarra, ha tirato le fila della discussione il caporedattore della Tgr Rai Sicilia, Rino Cascio.
Il dibattito. Musumeci aprendo gli interventi ha ricordato che “in trent’anni, dal 1990 a oggi, il reddito pro-capite delle famiglie siciliane ha oscillato senza soluzione di continuità tra il terz’ultimo e il penultimo posto in Italia”. Insomma, la Sicilia paga la propria marginalità geografica e i vincoli strutturali che continuano a bloccarne la crescita, a cominciare dalla questione delle infrastrutture. “Servono collegamenti ferroviari veloci. E vanno organizzati porti e retroporti degni di un’economia moderna”. “Il rilancio dei porti e dei retroporti – gli ha fatto eco Provenzano – è una delle idee venuta fuori dagli stati generali. Il governo è impegnato a realizzarla. Ma stiamo anche andando avanti nell’attuazione della clausola del 34% degli investimenti pubblici al Sud”.
Il ministro ha sottolineato che “il vero rischio che abbiamo davanti oggi è quello di una ripresa senza ricadute occupazionali. Anche per questo “come governo stiamo lavorando sul tema della fiscalità di vantaggio, approfittando pure della finestra di opportunità che l’Europa offre”. Catalfo ha annunciato di aver istituito un “osservatorio nazionale del mercato del lavoro che si collegherà con quelli regionali e si confronterà con le parti sociali”. E si è soffermata sulle provvidenze introdotte in questi mesi di emergenza. In Sicilia, ha detto, “quanto al bonus baby sitter, sono state presentate 26500 domande e 10651 sono quelle inoltrate per il congedo parentale straordinario. Ha reso inoltre noto che “sono circa 550 mila i siciliani che ricevono il reddito di cittadinanza”. Bianchi ha rimarcato che “nel dopo Covid c’è, per il Sud e per la Sicilia, la perdita di 7-8 punti di Pil”. Per uscire dal tunnel “serve un piano per la ripartenza che punti innanzitutto a riequilibrare i rapporti tra le due grandi aree del Paese”.
Un traguardo per il quale una grande opportunità la offre l’Europa: “penso al Recovery fund ma penso anche al Mes”, ha precisato. Quanto al Sud, “c’è bisogno del ponte sullo Stretto: non perché collega Messina e Reggio ma perché realizza la connessione tra Berlino e Palermo lungo una fondamentale dorsale europea”. Per Albanese “la Sicilia ha bisogno di interventi di natura straordinaria. E ha bisogno che sindacati e imprese lavorino assieme. Ad esempio sul terreno della formazione: abbiamo una disoccupazione giovanile del 40% ma quando cerchiamo personale specializzato, facciamo fatica a trovarlo”. Raso ha posto l’accento sulle politiche per la famiglia e sulla questione della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, che pesa in particolare sulle donne. Bisogna guardare lontano. Anche perché “nel 2050 rischiamo di ritrovarci in un paese di soli vecchi”. Sbarra, concludendo, ha sostenuto che va assicurata la proroga degli ammortizzatori sociali e va garantito, almeno fino a fine anno, il blocco dei licenziamenti. Ma bisogna anche uscire dalla logica emergenziale. “Serve – ha sottolineato – un progetto condiviso da governo e parti sociali per riavviare la crescita attraverso incentivi, con la ripresa delle politiche attive e facendo leva sulla formazione, su un programma di infrastrutture materiali e immateriali, su investimenti green, su misure che riducano il divario tra il Nord e il Sud”.
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