L’economia siciliana tra il 2019 ed il 2020. “Con determinazione ce la faremo”. Lo sostiene Gaetano Armao, vicepresidente della Regione siciliana e assessore regionale all’Economia che stamane ha deciso di parlare, tramite una videoconferenza su facebook, dell’economia siciliana nel 2019, tendenze per il 2020 e conti pubblici territoriali.

Armao prende le mosse da una frase estrapolata dall’Appello ai siciliani del 24 marzo 1959 di don Luigi Sturzo: “Sono un ottimista impenitente,anche di fronte a una oscura situazione”.

Ecco cosa dice Armao:

“Ribaltare la prospettiva, accrescere gli investimenti, puntare sull’innovazione, semplificare l’amministrazione, definire il risanamento dei conti, valorizzare i territori, guardare con fiducia al futuro della Sicilia.

Così possono essere sintetizzati i punti di attacco al perdurare della crisi economica che ha connotato l’anno appena chiuso e che emerge dall’analisi congiunturale del 2019 e dai dati economici previsionali per il 2020 della Sicilia che anche quest’anno l’Assessorato regionale all’Economia presenta.

La nostra Regione si è trovata ad attraversare una congiuntura difficile in un’Italia che, in termini di crescita, raggiunge il dato più basso in Europa e che per il Mezzogiorno chiude il peggior decennio dal secondo dopoguerra.

Un’economia debole che allarga il divario Nord-Sud allontanando per le Regioni meridionali la possibilità di ritornare ai livelli pre-crisi 2008 (per la Sicilia manca ancora il 13%).

Da qui emigrazione, sopratutto intellettuale, desertificazione imprenditoriale, spopolamento, degrado sociale, decadimento della qualità della vita, crescita di emarginazione e povertà. L’emblema del fallimento della coesione dello Stato.

Nel decennio la flessione economica del Sud è stata determinata dalla progressiva riduzione degli investimenti. Lo Stato non ha rispettato la clausola del 34% (gli investimenti ordinari devono essere almeno proporzionali alla popolazione residente nel Mezzogiorno), la mancata applicazione di questa clausola ha sottratto al Mezzogiorno circa 3,5 miliardi di investimenti solo nel 2018, mentre la sua piena attuazione determinerebbe, da sola, una crescita aggiuntiva del PIL di 0,6%.

Tale criterio – sufficiente a garantire l’eguaglianza – declinato per la Sicilia determina una quota dell’8,4% sulla spesa pubblica che raggiunge appena il 5,6%, con una perdita secca per i nostri cittadini, nel decennio, di oltre dieci miliardi euro.

La Sicilia ha pagato di più gli effetti della crisi, sono state infatti erogate risorse pubbliche decisamente inferiori rispetto media nazionale, mentre la spesa pro-capite per investimenti negli stessi anni, in forte declino dopo il 2008, la colloca al livello più basso tra le Regioni.

I meridionali, ed i siciliani in particolare – sui quali gravano i pesanti effetti della condizione di insularità (l’assurda vicenda del caro-voli è solo l’ultimo fenomeno) -, non possono assistere rassegnati alla retrocessione della cittadinanza, dei loro diritti sociali, all’emigrazione dei loro figli, allo svantaggio competitivo delle imprese.

Sul piano economico nel 2015 e 2017, anche quando il Sud ha manifestato un breve sussulto nella crescita del prodotto interno (rispettivamente +1,4 e +1%) la Sicilia ha conseguito risultati più che dimezzati (+0,5 e +0,4%,con la sola eccezione del 2016, anno nel quale si sono manifestati i flebili effetti della rendicontazione dalla programmazione UE 2007-14, +0,3%), segnando un ulteriore arretramento.

Sopratutto a causa delle miopi scelte statali, dal 2018 la Sicilia è attanagliata dalle traiettorie recessive di un Sud ormai ridotto ai minimi termini, nel quale i principali settori economici scontano perdite significative ed il 2019 ha registrato questi effetti negativi con un -0,4% di PIL.

Ma se l’indebolimento dell’economia nazionale continua a produrre effetti negativi sul percorso di crescita della Sicilia, le previsioni della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza regionale 2020-22 evidenziano che nel 2020 ci sarà una crescita di +0,1%, le stime migliorano decisamente per il 2021-22 prevedendo un progresso di +0,6 per anno.

La tendenza si sta invertendo e si prepara la ripresa.

Il compito della Regione è quello di sostenere questo percorso a partire da serie politiche di risanamento del bilancio, portate avanti con determinazione in questi due anni (34 provvedimenti finanziari adottati) e dopo serrati negoziati con lo Stato, al pieno impiego delle risorse europee – confermato dal raggiungimento del target nel 2019 – al sostegno ad imprese e credito, alla semplificazione dell’amministrazione, all’attrazione degli investimenti (ZES e fiscalità di sviluppo). Mentre diminuisce il debito (-700 milioni di euro), i dipendenti e gli enti regionali.

Alcuni indicatori positivi si possono già intravedere: le tendenze positive del turismo (sopratutto nelle grandi città e nelle località più affermate), l’incremento deciso delle start-up, una lieve crescita dell’occupazione, effetto degli investimenti su credito d’imposta e agevolazioni alle assunzioni, i primi progressi del settore delle costruzioni connessi alla crescita degli appalti dell’amministrazione regionale e locale e che potrà consolidarsi con la realizzazione dei progetti definiti nell’ultimo anno, ai quali si aggiungono le ingenti risorse destinate dalla Regione a scuole e strade provinciali (540 milioni di euro assegnati).

Anche il digitale segna progressi significativi: per il secondo anno consecutivo la Sicilia è la prima Regione italiana per crescita di banda larga ed ultra-larga e nel 2022 sarà l’area più digitalizzata d’Europa.

Nel breve termine dovrà essere concluso il negoziato finanziario con lo Stato, già avviato a metà del 2018, per il riconoscimento dell’attuazione delle previsioni statutarie partendo dai livelli essenziali delle prestazioni e non dalla formale lettura della spesa storica con una rigida partecipazione alle entrate che prescinda dal costo delle funzioni e dei servizi, consentendo ai siciliani il riscatto tramite l’autonomia.

Ma occorre – lo ha più volte richiesto il Presidente Musumeci, – un deciso rilancio degli investimenti di parte statale, uno straordinario programma che accorci decisamente i tempi ed irrobustisca la ripresa ribaltando le dinamiche recessive dell’ultimo decennio che, come dimostrato dai dati che formiamo – hanno impoverito la Sicilia, imposto a tanti giovani di lasciare le loro famiglie, svalutato il valore degli immobili, svuotato le aree interne e montane.

Lo confermano le illuminanti osservazioni del Presidente Mattarella nel discorso di fine anno 2019: “è necessario ridurre il divario che sta ulteriormente crescendo tra Nord e Sud d’Italia. A subirne le conseguenze non sono soltanto le comunità meridionali, ma l’intero Paese, frenato nelle sue potenzialità di sviluppo”, questa verità deve divenire consapevolezza condivisa per rendere più coesa e competitiva l’Italia”.

La Sicilia – ha detto Armao – ha energie, risorse e valori per puntare al riscatto ed alla crescita”.

 

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