Antonino Nania, 85 anni, ritenuto personaggio di spicco della mafia di Partinico è morto nei giorni scorsi all’ospedale Villa Sofia dove era ricoverato. Non si sono tenuti funerali pubblici ma direttamente la tumulazione al cimitero nella cappella di famiglia. La notizia è trapelata soltanto oggi. L’anziano, condannato per mafia, estorsione e tentato omicidio, è stato tumulato al cimitero di Partinico giovedì scorso. E’ fratello di Filippo detto “Fifiddu”, morto suicida nella sua abitazione di Partinico a 91 anni nel dicembre del 2019 mentre stava scontando alcune condanne all’ergastolo.

I suoi ultimi guai nel 2016

Nania era considerato un personaggio di spicco della criminalità partinicese. I suoi ultimi guai arrivarono nel 2016 quando venne scoperta nella sua abitazione un allaccio abusivo alla condotta idrica. In quell’occasione su sottoposto alla sorveglianza speciale e all’obbligo di soggiorno. Ma il suo passato è stato certamente travagliato.

I contatti accertati con la mafia

E’ stato condannato nel 2000 per 416 bis, quindi appartenenza a Cosa nostra, nonché per estorsione aggravata. A suo carico anche condanne per tentato omicidio ed estorsione. Nel 2007 era stato arrestato per tentato omicidio e porto in luogo pubblico d’arma da fuoco, per avere esploso un colpo di pistola contro un confinante di terreno con cui aveva avuto delle discussioni per il diritto di passaggio su una stradella interpoderale. Per ben tre volte era già stato sottoposto alla misura della sorveglianza speciale. Dagli atti processuali risulta che Nania abbia tenuto, nel corso degli anni, una “perdurante condotta di partecipazione agli interessi dell’organizzazione Cosa Nostra, gestendo gli affari illeciti della sua famiglia”.

Nel 2015 gli furono restituiti i beni

C’è anche un precedente inerente ad un sequestro di beni che lo coinvolse proprio per via dei suoi accertati legami con la mafia. Nel 2015 si era visto restituire un patrimonio da ben 6 milioni di euro che gli venne sequestrato nel 2011. L’anziano patriarca è riuscito a dimostrare agli inquirenti che quei beni, 22 immobili e 58 terreni agricoli, erano stati lecitamente acquistati con proventi della propria attività edile, tra il 1964 e il 1986.

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