Il presidente dell’Ars uscente Gianfranco Miccichè tra l’incudine e il martello, indeciso se restare a Palermo o volare a Roma dove lo aspetta uno scranno del Senato. “Non mi basta sapere che i Fori imperiali sono belli. Me lo dicono, vogliono mandarmi a Roma. Ma io ho preso un impegno. Non dico “abbiamo scherzato, vado a fare il capogruppo al Senato” e lascio qui tutto com’era”. Lo dice Miccichè in una intervista a Repubblica Palermo.

Partire o restare?

Il coordinatore siciliano di Forza Italia non ha ancora deciso se restare o partire alla volta di Palazzo Madama. Ora però si alta il tiro: per restare vorrebbe l’assessorato alla sanità per il suo partito. “Voglio quell’assessorato – dice – c’è un disagio diffuso”.

Miccichè vuole la sanità per Forza Italia

Così l’attenzione di Miccichè si concentra sullo stato della sanità siciliana, un tema su cui, dice nell’intervista “con Musumeci ho rotto”. Miccichè dice di stare studiando il settore da due anni e invoca un “maggiore uso del privato” che alla Regione, secondo il leader siciliano azzurro, costerebbe meno. “E poi succedono cose strane”, aggiunge Miccichè in riferimento ai pagamenti alle strutture convenzionate. “Abbiamo approvato una legge che stanzia 20 milioni, ma ogni giorno c’è un cavillo per non effettuare i pagamenti. Serve un manager”.

“Non esco dalla Sicilia se non ho certezze”

Miccichè non nasconde il desiderio di volere Cascio all’Ars. Subentrerebbe a lui nel caso in cui andasse al Senato. “Io vado a Roma soltanto se ho la certezza che in Sicilia si cambia”, afferma nell’intervista a Repubblica. “Se non si arriva a una sintesi, non esco dalla Sicilia manco per andare in vacanza”, aggiunge.

Paura della caduta del governo

Miccichè però potrebbe decidere alla fine di restare in Sicilia per timore che il governo Meloni possa durare meno del previsto. “Ho visto cadere i governi Prodi, Renzi, Conte dietro gli attacchi alle famiglie – dice -: temo che questo meccanismo non si sia fermato, hanno già preso di mira il padre di Giorgia Meloni. Io spero che ci lascino lavorare, ma com’è successo in passato anche questo governo potrebbe venire meno. A quel punto si dovrebbe ritoccare la legge elettorale”. Miccichè invoca “il ritorno al proporzionale”.

La riabilitazione di Cuffaro

Due parole le spende anche sulla riabilitazione di Totò Cuffaro e sulla possibilità che un condannato per mafia possa tornare in politica. “Mi sembra curioso il fatto opposto: se è stato riabilitato, perché impedirgli di candidarsi subito? Sono le storture delle leggi italiane, non è un attacco alla magistratura. È come quando qualcuno viene assolto perché il fatto non sussiste. E allora com’è iniziato il processo?”.