Nessun giudice a Palermo si offre per comporre il collegio che dovrà giudicare il senatore Matteo Salvini, imputato davanti alla seconda sezione della corte d’assise per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. I fatti si riferiscono a quanto Salvini, all’epoca ministro, negò lo sbarco a Lampedusa dei profughi soccorsi in mare ad agosto del 2019 dalla nave Open Arms. Il processo rinviato ieri per problemi di salute del presidente, è stato spostato all’8 aprile, data in cui il magistrato tornerà al suo posto.

Un componente in maternità

Ma uno dei giudici a latere è in maternità e quindi dovrà comporsi un nuovo collegio davanti al quale il dibattimento dovrà instaurarsi. Secondo quanto si apprende, il presidente del tribunale Antonio Balsamo, attraverso un atto di interpello, una procedura di candidatura volontaria, ha chiesto chi volesse sostituire la collega in maternità, ma al momento nessuno avrebbe risposto.

Deciderà il tribunale

Sarà dunque il vertice del tribunale a decidere il nuovo componete davanti al quale il processo riprenderà, probabilmente dando per acquisiti gli atti già svolti. Dall’inizio del dibattimento, che risale a settembre scorso, sono state celebrate tre udienze e solo nel corso di una sono stati sentiti i primi testi.

Su cosa si dibatterà

Quali erano le condizioni fisiche e psicologiche dei profughi soccorsi dalla Open arms a cui fu vietato di sbarcare sulle coste siciliane per ben 20 giorni. Sarà questo lo snodo centrale della prossima udienza nell’aula bunker dell’Ucciardone di Palermo. Tra i testi che saranno sentiti il capitano della Open Arms, Marc Reig Creus, che alla stampa ha ampiamente già evidenziato il suo punto di vista: “Le condizioni delle persone soccorse peggioravano di giorno in giorno, nonostante gli enormi sforzi dell’equipaggio della Open Arms che si adoperò con ogni mezzo per prestare loro le cure necessarie – ha detto Creus -. I naufraghi furono costretti ad attendere sul ponte della nostra nave subendo sofferenze inutili e gratuite. Inoltre, la disperazione e l’impotenza di fronte al rifiuto di sbarcare in un porto sicuro, spinsero alcuni di loro a tuffarsi in acqua senza che sapessero nuotare, cosa che mise ulteriormente in pericolo le loro vite. Mi auguro che la legge italiana faccia giustizia stabilendo le responsabilità di quegli eventi, dimostrando che i diritti umani devono sempre andare oltre gli interessi politici”.

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