Matteo Salvini, con l’avvocato Giulia Bongiorno, è arrivato intorno alle 10:30 di stamattina nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, per l’udienza del processo Open Arms. Il senatore è imputato per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio.

Depone l’ex direttore sanitario dell’ospedale di Licata

Erano in condizioni di salute mediocri e il protrarsi della loro permanenza a bordo della Open Arms rappresentava un fattore di rischio elevato del peggioramento della salute psicofisica dei migranti, nel senso di un aggravamento di malattie presenti o dell’insorgenza di nuove”. Così l’ex direttore sanitario dell’ospedale di Licata, Vincenzo Asaro, descrive lo stato in cui trovò i migranti soccorsi nel Canale di Sicilia dalla nave della ong spagnola Open Arms ad agosto del 2019.

“Le condizioni dei migranti rappresentavano un rischio”

Asaro, che depone al processo per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio a carico del leader leghista Matteo Salvini, accusato di aver illegittimamente negato lo sbarco ai profughi, fece un controllo a bordo dell’imbarcazione su ordine della Procura di Agrigento. Salvini è presente alla deposizione che si svolge davanti al tribunale di Palermo nell’aula bunker del carcere Ucciardone. “Le condizioni dei migranti – ha aggiunto – rappresentavano un rischio per l’incolumità degli stessi e del personale di navigazione”.

Migranti tra i rifiuti

Il teste ha anche descritto lo stato generale della nave. “Li trovammo sul ponte, erano più di un centinaio – ha detto – le donne erano al centro. Si riparavano sotto una tettoia. C’erano due bagni alla turca piccoli e una cambusa, i migranti dormivano sdraiati sul ponte non c’erano alternative. Non avevano saponi o detergenti e usavano l’acqua di mare che veniva desalinizzata. Quando facemmo il sopralluogo c’era una catasta di rifiuti”.

Alcuni migranti malati

Il medico non fece accertamenti sanitari sui singoli profughi, ma parlando con il dottore di bordo seppe che a molti erano state riscontrate affezioni cutanee, probabilmente scabbia, infezioni alle vie urinarie, dolori addominali, vomito. Diversi profughi avrebbero poi mostrato al medico ferite e lesioni. “Erano in condizioni molto precarie – ha spiegato – è verosimile che non avessero neppure modo di cambiarsi gli indumenti intimi. Cercavano di avvicinarsi a me per raccontarmi i loro problemi di salute”. “Stiamo parlando di persone in condizioni di grave disagio – ha concluso – Provammo un sentimento di grande tristezza vedendoli. Erano in una condizione di mancanza di tutto”.

Preoccupazione per lo stato psichico dei profughi

Il medico ha raccontato che “sulla nave c’era una piccola infermeria inadeguata ad accogliere cento persone che potevano avere di tutto”.
Rispondendo alle domande della difesa di Salvini il teste ha spiegato che la sua permanenza a bordo e i suoi accertamenti durarono più o meno 100 minuti. “Feci una valutazione complessiva, non visitai nessuno dei migranti”. “I bagni – ha poi precisato – non erano sporchi”.
“Quel che preoccupava, visto che sulla nave c’erano donne e uomini forti -ha detto – non era tanto lo stato fisico dei profughi, ma quello psichico. Se avessero dovuto proseguire per la Spagna le condizioni a bordo sarebbero state drammatiche”.

La psicologa: “Terrore dei migranti di essere riportati in Libia”

“Per le esperienze che avevano avuto durante il viaggio avevano sviluppato il terrore di essere riportati in Libia. La Libia rappresentava la morte e per questo in diversi si erano buttati in mare, perché per loro, che non avevano alcuna fiducia nelle rassicurazioni dell’equipaggio, gettarsi in mare significava riuscire ad arrivare a Lampedusa e salvarsi”. Così Cristina Camilleri, la psicologa responsabile del Dipartimento salute mentale di Agrigento, ha descritto lo stato in cui trovò i migranti soccorsi nel Canale di Sicilia dalla nave della ong spagnola Open Arms ad agosto del 2019.

“Buttarsi in mare era l’unica possibilità”

Camilleri fece un controllo a bordo dell’imbarcazione su ordine della Procura di Agrigento nei giorni in cui la nave fu costretta a sostare davanti alle coste di Lampedusa. “Specie il gruppo degli uomini – ha raccontato – aveva deciso di non tornare in Libia. Per loro buttarsi era l’unica possibilità”.

Profughi raccontarono di aver subito torture e violenze sessuali

La pm Giorgia Righi ha chiesto alla teste come i profughi avrebbero eventualmente vissuto la decisione di proseguire il viaggio per la Spagna e non fermarsi sull’isola delle Pelagie. “La situazione era di urgenza – ha spiegato – e si doveva evitare che l’urgenza si trasformasse in emergenza”. Camilleri ha anche raccontato in particolare di due donne incontrate a bordo della nave. Una era la sorella di uno dei profughi che si erano buttati in acqua. “Aveva avuto una reazione grave – ha raccontato – tanto che era stata curata con tranquillanti. I compagni di viaggio avevano interpretato il suo comportamento secondo i loro parametri culturali: l’avevano ritenuta posseduta da forze demoniache e le avevano fatto rituali con danze per liberarla . Dai compagni di viaggio era ritenuta una presenza negativa”. “Un’altra donna – ha aggiunto – era in stato catatonico, non mangiava, non rispondeva”. La teste ha riferito che diversi profughi le raccontarono di aver subito torture e violenze sessuali.

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