“Il Governo regionale e l’Ars si attivino immediatamente per risolvere la discriminazione di fatto che si è venuta a creare per i dipendenti della Regione siciliana con la dichiarazione di incostituzionalità della norma regionale su Quota 100 e sull’aumento dell’aspettativa di vita”. A chiederlo sono le segreterie regionali di Fp Cgil, Cisl Fp, Uil Fpl, Cobas/Codir, Sadirs e Ugl Fna.

“Non possiamo lasciare – proseguono – che Quota 100 sia inaccessibile per i dipendenti regionali e che, tra l’altro, anche coloro i quali avevano presentato domanda di prepensionamento in base a una norma del 2015, che riconosceva loro i requisiti richiesti, si trovino adesso, a pochi mesi dal termine, a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita di 5 mesi, a non poter più andare in pensione. Si predisponga, quindi, al più presto una legge che, indicando nel dettaglio la copertura finanziaria necessaria, permetta di superare le ragioni dell’impugnativa, rimettendo in regola i requisiti e concedendo anche ai dipendenti della Regione di usufruire di una norma, quella su Quota 100, che altrimenti avrebbe valore per tutti i dipendenti pubblici dello Stato eccetto che per i regionali. In questo modo – concludono – potremo portare a termine i pensionamenti previsti per coloro che maturano i requisiti entro il 31.12.2020”.

I dipendenti pubblici potranno andare in pensione con 62 anni di età e 38 anni di contributi in tutta Italia ma non in Sicilia. E no anche all’allargamento della platea delle stabilizzazioni dei precari negli enti locali siciliani.

Il Consiglio dei Ministri ha impugnato l’articolo 7 del primo collegato alla finanziaria approvato in agosto dall’Ars.

Una impugnativa singolare almeno per quanto riguarda quota 100. Mentre, infatti, il provvedimento è in vigore in tutta Italia per effetto della norma approvata dal precedente governo nel quale c’erano i grillini alleati dei leghisti, non potrà essere applicato ai dipendenti della Regione siciliana.

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