“Nel dibattito scaturito dal progetto di riforma del settore idrico non si è finora fatto cenno alla gestione industriale dell’acqua. A prescindere dalla natura giuridica dei soggetti gestori, infatti, il vero tema è il bilanciamento tra efficienza del servizio, investimenti e sostenibilità ambientale, così come stabilito dall’Arera, l’Autorità di regolazione per l’energia, le reti e l’ambiente. I risultati conseguiti in questi anni da Siciliacque nel cosiddetto sovrambito, numeri alla mano, vanno nella direzione imposta dall’Arera e confermano il rispetto della convenzione sottoscritta con la Regione“. Ad affermarlo sono i vertici di Siciliacque, la società mista classificata come “impresa pubblica” operante nel settore dell’adduzione dell’acqua potabile della Regione Siciliana. Dal 2004 ad oggi, secondo la società, sarebbero stati investiti 238 milioni su un totale di 407 milioni previsti nell’arco dei 40 anni di concessione.

Le manutenzioni straordinarie

L’attuazione del piano degli investimenti ha permesso di effettuare le manutenzioni straordinarie alla rete idrica, con conseguente riduzione dal 30 al 15% delle perdite d’acqua ovvero un risparmio annuo di 10 milioni di metri cubi, e di rifare ben tre acquedotti: Favara di Burgio (49,6 milioni d’investimento), Gela-Aragona (61,4 milioni) e Montescuro Ovest (63,8 milioni), che mobilitano in totale circa il 50% dell’acqua consegnata ai gestori d’ambito del servizio idrico. “L’attuale situazione di crisi idrica – osserva la società – si è potuta gestire solo grazie a questi importanti investimenti, in mancanza dei quali oggi staremmo vivendo un momento realmente drammatico. Tali investimenti sono stati realizzati attraverso procedure ad evidenza pubblica e nel rispetto del Codice degli appalti, al quale la società, così come prevede la convenzione ed in funzione della sua natura giuridica, è tenuta ad uniformarsi”.

Il potabilizzatore di Sambuca

Senza dissalatori si sta meglio

Inoltre con lo spegnimento dei tre dissalatori di Gela, Porto Empedocle e Trapani, che costavano alla Regione più di 30 milioni di euro all’anno, si è ottenuto un netto miglioramento della qualità dell’acqua distribuita. Senza dimenticare la costruzione ex novo del potabilizzatore di Gela, che ha affiancato gli impianti già esistenti e riammodernati (oggi tutti gestiti con telecontrollo); le centrali idroelettriche Blufi, Fanaco, Alcantara (1 e 2), San Giovannello; gli impianti fotovoltaici sui tetti dei potabilizzatori di Troina e Sambuca. Attraverso i suoi impianti, nel 2020 Siciliacque è riuscita a produrre circa 5,5 milioni Kwh di energia elettrica da fonti rinnovabili, riducendo così l’impatto sull’ambiente (si è passati da 3 chili di anidride carbonica ogni metro cubo d’acqua prodotta nel 2009 ad appena 0,65 chili nel 2020) e minimizzando i consumi nella gestione del ciclo dell’acqua.

Rispetto dell’ambiente

“Ciò dimostra che Siciliacque, al di là della sua natura giuridica, ha saputo gestire il servizio idrico di sovrambito nel rispetto dell’ambiente e di un bene comune e pubblico qual è l’acqua”, dicono i vertici della società. Che, in merito al disegno di legge di riforma del settore presentato dal governo regionale all’Ars, chiariscono: “L’eventuale istituzione di un Ato unico, con un unico ente competente in materia regolatoria, ovviamente non vuol dire gestore unico regionale per tutte le associazioni territoriali idriche, né tantomeno può dare seguito ad un affidamento diretto o produrre posizioni dominanti, perché lo vieta la legge. Il ddl in discussione non modifica nemmeno la gestione del servizio idrico a livello locale, perché la scelta della modalità di gestione rimarrebbe in capo all’Ati locale”.

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