I giudici del tribunale di Siracusa hanno disposto la scarcerazione per Stefano Di Maria, 25 anni, di Pachino, sotto processo, insieme a Sebastiano Romano, 28 anni, pachinese, per l’omicidio di Corrado Vizzini, 55 anni, vittima di un agguato a colpi di pistola il 16 marzo dello scorso anno in via De Sanctis, a Pachino, ma deceduto una decina di giorni dopo in ospedale, al Di Maria di Avola. E’ stata così accolta l’istanza della difesa del giovane, composta dagli avvocati Gianbattista Rizza e Carlo Taormina, che è ai domiciliari ma con il braccialetto elettronico.

Per questo stesso omicidio, si è già celebrato il processo per altri due giovani pachinesi, Massimiliano Quartarone, 29 anni, Giuseppe Terzo, 26 anni, che, però, hanno scelto il rito abbreviato. Entrambi sono stati condannati dal gup del tribunale di Siracusa a 30 anni di reclusione. Nel procedimento con il rito ordinario, il pm di Siracusa, Gaetano Bono, ritiene che Di Maria abbia aiutato Quartarone, indicato come l’esecutore dell’omicidio, manomettendo il sistema di sorveglianza della sua abitazione per evitare che gli inquirenti risalisse a lui. Ma lo stesso Di Maria ritiene, invece, di non aver avuto alcun ruolo, anzi, durante la sua testimonianza in aula, ha ribadito che Quartarone, dopo l’agguato ai danni di Vizzini,  lo avrebbe minacciato per indurlo a spegnere le telecamere di sicurezza, montate sulla sua proprietà e puntate sul luogo del delitto. Nell’ultima udienza al palazzo di giustizia, hanno testimoniato due agenti del commissariato di Pachino che hanno partecipato alle indagini sull’omicidio. Uno di loro ha sostenuto che anche lo zio di Di Maria, ha fatto sparire delle immagini: il parente dell’imputato vive in prossimità della zona in cui si è consumato l’agguato ed alcuni filmati, chiesti dai poliziotti nelle ore successive alla spedizione punitiva, non sono stati mai trovati.

Per gli agenti del commissariato di polizia di Pachino, Vizzini sarebbe stato ammazzato a seguito di una intimidazione culminata il 9 febbraio con il danneggiamento a colpi di pistola della porta di casa di Quartarone. Un gesto, presumibilmente riconducibile a dei contrasti nell’ambito della gestione del traffico di sostanze stupefacenti, per cui Quartarone, temendo per la propria vita, avrebbe studiato un piano per uccidere Vizzini facendosi aiutare dagli altri imputati.