- Richieste di condanna per 10 imputati nel processo su mafia ed estorsioni
- Alla sbarra ci sono i componenti del clan Borgata di Siracusa
- Secondo l’accusa con il pizzo finanziavano il traffico di droga
Per il pm della Dda di Catania, Alessandro La Rosa, il clan Borgata aveva messo sotto scacco i commercianti del quartiere Santa Lucia, costretti a piegarsi alle loro richieste di estorsione. Al termine della sua requisitoria, davanti ai giudici della Corte di Assise, ha chiesto le condanne nei confronti dei 10 imputati finiti sotto processo.
Queste le richieste di condanna
6 anni per Rita Attardo; 2 anni per Domenico Curcio; 7 anni, 6 mesi e 3500 euro di multa per Massimiliano Fazio; 5 anni, 6 mesi e 25 mila euro di multa per Alessandro Garofalo; 8 anni, 10 mesi e 3 mila euro di multa per Danilo Greco; 6 anni per Attilio Scattamaglia; 6 anni per Massimo Schiavone; 7 anni e 2300 euro di multa per Salvatore Tartaglia; 2 anni per Massimo Guarino; 2 anni per Giuseppe Guarino.
L’inchiesta
L’inchiesta dei magistrati della Procura distrettuale di Catania e della polizia comprende il periodo compreso tra il 2009 ed il 2010. Al vertice del sodalizio c’era Giuseppe Curcio, diventato negli anni scorsi collaboratore di giustizia, che avrebbe ricevuto il permesso dalla cosca Bottaro-Attanasio di operare nello storico quartiere di Santa Lucia, svolgendo, in totale autonomia, ogni affare, dalle estorsioni fino al traffico delle sostanze stupefacenti.
La gestione
Secondo l’accusa, il pizzo imposto ai commercianti della zona, tra cui bar, un mobilificio ed altre attività economiche, sarebbe servito per finanziare il commercio degli stupefacenti e pagare gli stipendi agli affiliati. Con quel tesoretto, che finiva nelle casse della cosca, Curcio si sarebbe presentato dai fornitori, in particolare il clan Bottaro-Attanasio, per comprare partite di cocaina, hashish o marijuana e poi venderle al dettaglio. Un giro economico da parecchie migliaia di euro che avrebbe trasformato il clan della Borgata in una delle aziende criminali più floride del capoluogo.
Lo scossone nel gruppo dopo il pentimento
La decisione di Giuseppe Curcio di pentirsi avrebbe cambiato l’organigramma del gruppo, in cerca di un capo: secondo gli inquirenti, le redini sarebbero passate ai fratelli Guarino, Giuseppe e Massimo, poi finiti in carcere.
Il ruolo della madre dei Guarino
Per i magistrati Procura distrettuale antimafia di Catania, Rita Attardo, madre dei fratelli Guarino, avrebbe recapitato i messaggi dei figli contenenti le disposizioni relative alla gestione del clan e della cassa comune. Inoltre, per il pm La Rosa, la stessa Attardo, avrebbe provveduto a riscuotere, per conto degli stessi figli, gli stipendi.
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