MILANO (ITALPRESS) – La BPCO, malattia respiratoria cronica che provoca tosse, catarro e difficoltà respiratoria e che può portare alla morte, è raramente sotto i riflettori ma in Italia colpisce, in media, l’8% della popolazione, in particolare i fumatori. La casa farmaceutica GSK ha presentato una metanalisi a rete sull’efficacia e la sicurezza dei trattamenti per la malattia. La ricerca, targata proprio GSK, ha dimostrato che le terapie della casa farmaceutica aumentano la funzionalità polmonare e diminuiscono le riacutizzazioni.
Proprio l’efficacia delle terapie è la notizia migliore per chi è affetto da BPCO, un acronimo che sta per broncopneumopatia cronica ostruttiva. Il malato di BPCO vede spesso notevolmente abbassarsi la qualità della vita e, purtroppo, secondo i dati riportati dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali è, nel mondo, al quarto posto fra le cause di morte. “Si percepisce la malattia come auto-inflitta, per via del fatto che colpisce soprattutto i fumatori, ma non va sottovalutata. E’ sicuramente una malattia importante – ha detto Francesco Blasi, pneumologo Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, durante una conferenza stampa – e la letteratura ha dimostrato che, con la terapia, si può cambiare la storia e cambiarne la mortalità. Un messaggio che va indirizzato non solo ai pazienti ma anche alla classe medica. Va presa coscienza che è una malattia cronica gestibile”.
Fondamentale per potere trattare la BPCO è diagnosticarla il prima possibile, fra le problematiche da risolvere c’è poi la bassa aderenza alle terapie dei pazienti e il fatto che vanno abbassate le riacutizzazioni, momenti nei quali il paziente viene ricoverato per la severità dei sintomi: “Quello che sappiamo – ha aggiunto ancora Blasi – è che il paziente BPCO ha un decadimento della respirazione. La riacutizzazione è un momento critico. Il dato che emerge chiaramente da diversi studi scientifici è che la riacutizzazione è un momento fondamentale, c’è un effetto sulla qualità della vita, sulla funzione respirazione e sulla mortalità. Il paziente deve quindi essere educato a riconoscere la riacutizzazione, quanto prima si interviene quanto meglio andrà, anche perchè riacutizzazione chiama riacutizzazione. E’ molto importante quindi trattare correttamente il paziente”.
“E’ chiaro che la terapia è un punto cardine della gestione del paziente – ha detto Donato Cinquepalmi, direttore medico area respiratoria GSK Italia presentando lo studio dell’azienda – oggi abbiamo tanti farmaci a disposizione, il paziente può essere curato in maniera ottimale. Non c’è solo un tema di quale farmaco ma il tema è dare possibilità di arrivare il prima possibile alla terapia ottimale”. “Si è visto – ha confermato all’Italpress Claudio Micheletto, direttore pneumologia Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona – che, con la possibilità di associare categorie farmacologiche in un unico inalatore si può incidere sulla storia naturale della malattia. Il dato consistente è che si riducono le riacutizzazioni e con una triplice terapia, un inalatore che abbia tre farmaci quindi, si riesce a migliorare il dato di mortalità”.
Le cosiddette meta-analisi a rete, come quella prodotta da GSK sulla BPCO, sono analisi statistiche di dati aggregati prodotti da più studi comparativi, utilizzate per confrontare, in mancanza di studi diretti, l’efficacia e la sicurezza di tre o più trattamenti destinati alla medesima indicazione clinica. L’indagine, denominata NMA, presentata alcune settimane fa al congresso della Società Europea di Pneumologia a Barcellona e in precedenza, a maggio, all’American Thoracic Society di San Francisco, conferma il maggior valore delle due terapie di GSK, sia la triplice composta da fluticasone furorato, umeclidinio e vilanterolo (ICS+LABA+LAMA), che la doppia broncodilatazione umeclidinio e vilanterolo (LABA+LAMA), rispetto ad altri farmaci attualmente a disposizione.
In particolare, dalla meta-analisi si vede che la triplice di GSK mostra esiti clinici favorevoli in termini di miglioramento della funzionalità polmonare e riduzione delle riacutizzazioni. Per arrivare a questo risultato sono stati analizzati circa 10mila studi nel corso di tre anni e mezzo. Per quanto riguarda invece la meta-analisi a rete sulla doppia broncodilatazione, la revisione sistemica della letteratura ha preso in esame 8.171 studi.
“Io cerco di essere ottimista nei confronti di questa malattia cronica – ha concluso Micheletto – La mortalità sta flettendo, abbiamo tante molecole, ci sono segnali di miglioramento e non sempre c’è il declino della respirazione. Certo ci sono tante sfide cui rispondere, ma gestendo il paziente possiamo ripartire con ottimi risultati”.

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