Indicava nei bilanci di previsione annuali voci attive per importi considerevoli assolutamente aleatorie e prive di ragionevole certezza, così da simulare la regolare operatività dell’IPAB Casa di Riposo “Giovanni XXIII” anche ai fini dell’ottenimento di ingenti contributi pubblici, erogati in relazione alla mera prosecuzione dell’attività d’istituto.

E’ l’accusa mossa dalla Guardia di Finan za agli amministratori della casa di riposo pubblica. I finanzieri dalla Compagnia della di Marsala al termine di lunghe indagini coordinate dalla locale Procura della Repubblica, sulla gestione amministrativa e contabile dell’Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza “Giovanni XXIII” di Marsala ritengono di avere dimostrato il sistema della frode.

I finanzieri hanno analizzato a lungo tutta la documentazione tecnico-contabile dell’istituto e ricostruito l’aggravamento, nel corso degli ultimi anni, del dissesto finanziario del medesimo ente. A partire dal bilancio di previsione del 2013, l’indicazione di voci attive per oltre 2,2 milioni di euro secondo la finanza risultano ‘oggettivamente aleatorie, in quanto riferite ad entrate previste in relazione alla prestazione di servizi di ricovero e di assistenza in realtà non contemplati in alcuna convenzione sottoscritta con i competenti Assessorati (Salute e Famiglia) della Regione Siciliana’.

Secondo la Guardia di Finanza gli incassi erano volontariamente sovrastimati per consentire all’Istituto di incassare contributi sufficidenti a proseguire le attività. Sono grazie a queste sovrastime, infatti, l’Ipab avrebbe potuto continuare ad operare, beneficiando di ulteriori erogazioni dalla Regione Siciliana e dal Comune di Marsala, sotto forma di contributi non dovuti perché non legati alla stipula di contratti ma erogati in relazione alla mera prosecuzione dell’attività d’istituto.

In altre parole, pur in assenza di convenzioni stipulate con altri Enti, il commissario straordinario “gonfiava” artatamente la voce “entrate” dei bilanci di previsione dell’IPAB, così garantendo il pareggio di bilancio richiesto per testimoniare la vitalità e la floridità dell’Istituto e per ottenere, quindi, contributi pubblici.

Sempre secondo l’accusa mossa i requisiti per mantenere in vita l’IPAB già erano insussistenti almeno a partire dal 2013: conseguentemente, la condotta del commissario straordinario pro tempore “è stata ritenuta integrare il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, unitamente a quello di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale”.

La Guardia di Finanza ha cosi denunciato alla locale Procura della Repubblica indebite erogazioni pubbliche richieste, tra il 2013 ed il 2015, per oltre 2,2 milioni di euro, di cui circa 700.000 euro già elargiti dagli enti pubblici interessati.

Analoga segnalazione, per le valutazioni di competenza, è stata inoltrata alla Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana.